Mostre, il Castello ricomincia da tre

Tania Droghetti

Se nell’ultimo anno e mezzo la pandemia ci ha tenuti lontani da mostre, musei e monumenti visitare il Castello Estense di Ferrara in questo periodo permette di recuperare in un solo colpo un po’ di questo tempo perduto. Sono tre infatti le esposizioni che si possono vedere, oltre naturalmente alle sale del Castello.

La prima ci ricorda subito dove siamo, se per caso avessimo qualche dubbio: appena entrati nel cortile incontriamo le opere della mostra Le donne, i cavallier, l’arme, gli amori. Umanità di Sara Bolzani e Nicola Zamboni, visibile fino al 29 settembre, curata da Vittorio Sgarbi e Pietro Di Natale e realizzata dalla Fondazione Ferrara Arte in collaborazione con il Servizio Musei d’Arte del Comune di Ferrara, che si sono occupati anche delle altre mostre. Il titolo parla da solo perché le grandi sculture in rame e terracotta realizzate dai due artisti (che da vent’anni lavorano a quest’opera monumentale ispirata al trittico con la Battaglia di San Romano di Paolo Uccello) riproducono proprio i principali protagonisti dell’Orlando Furioso di Ludovico Ariosto: cavalieri innamorati che combattono e cadono, come spiega Di Natale nell’introduzione alla mostra: <Qui si è scelto di declinare Umanità in chiave ariostesca. Le vicende guerresche e amorose del fantastico mondo cavalleresco dell’Orlando furioso sono evocate dalle gesta dei personaggi, tra i quali spiccano alcuni protagonisti del poema come Angelica e Astolfo con il senno di Orlando. La narrazione visualizza in modo efficace il verso d’apertura – «Le donne, i cavallier, l’arme, gli amori» – del capolavoro concepito da Ludovico Ariosto nella Ferrara estense e stampato in città nel 1516>.

Ed è facendosi strada e “affrontando” duelli, cavalli impennati, guerriere pronte a scoccar frecce, saraceni, angeli caduti e anche San Giorgio che uccide il drago che si entra nel Castello, dove è possibile vedere le altre mostre.

La prima che si incontra nel percorso di visita (per i turisti che si trovano a Ferrara ma anche per i ferraresi che non ci sono mai stati vale sempre la pena farsi un giro all’interno del Castello Estense, con o senza mostre aggiuntive, perché le sale, gli affreschi, gli arredi, la vista dai piani alti sono una gran bella lezione di storia e di bellezza) è la mostra Boldini. Dal disegno al dipinto. Attorno alla Contessa De Leusse. L’esposizione, che si trova nella Sala dei Comuni e che resterà aperta fino al 5 settembre, è costruita attorno a un dipinto depositato da un collezionista alle Gallerie d’Arte Moderna e Contemporanea di Ferrara: il ritratto della Contessa Berthier de Leusse, realizzato da Boldini nel 1889-90. Nel quadro Suzanne Berthier de Leusse è raffigurata di profilo, seduta di traverso su una sedia e con un ventaglio chiuso tra le mani, mentre osserva qualcosa o qualcuno “fuori campo”. Boldini, come per altri suoi ritratti ambientati in un interno e di cui in questa mostra si possono ammirare alcuni disegni preparatori, <sfrutta l’elemento di arredo per organizzare una soluzione innovativa e accattivante> come si legge nella presentazione della mostra. Attorno alla Contessa si ritrovano, come detto, una serie di disegni della raccolta del Museo Boldini, alcuni mai esposti: <Si tratta di studi di donne a figura intera e di singoli volti femminili che documentano il rapporto iperattivo dell’artista con la realtà circostante – spiegano gli organizzatori – nonché la sua prontezza nel registrare pose e attitudini che gli sarebbero poi servite per conferire vitalità e dinamismo alle protagoniste dei suoi ritratti>. Difficile costruire una mostra attorno ad un’unica opera eppure il fascino della Contessa, i dettagli dell’abito così luminoso, dell’acconciatura curata, del profilo delicato riescono a coinvolgere chi guarda al punto da tenerlo lì a osservarla per il tempo che di solito si dedica a una mostra con ben più lavori esposti (per chi se lo stesse chiedendo: sì, amo molto Giovanni Boldini, ndr).

Molte di più sono le opere della mostra Giovanni Battista Crema. Oltre il divisionismo, a cura di Manuel Carrera e Lucio Scardino. Nato nel 1883 a Ferrara e cresciuto nell’omonimo palazzo di via Cairoli, questo artista è diventato presto romano d’azione e ha lavorato ininterrottamente fino alla sua morte, nel 1964. Vittorio Sgarbi, presidente della Fondazione Ferrara Arte, ha voluto realizzare questa mostra nella sua città natale a più di mezzo secolo dall’ultima esposizione monografica.

Crema ha attraversato con le sue opere buona parte del ‘900 e tanti sono stati quindi i temi che lo hanno interessato e colpito e che si ritrovano nella sua vasta produzione. La mostra, divisa in varie sezioni, parte dalle prime opere realizzate con la tecnica divisionista (caratterizzata dalla separazione dei colori in singoli punti o linee che interagiscono fra di loro in senso ottico)tecnica che conobbe frequentando altri artisti gravitanti attorno a Giacomo Balla. Queste prime opere hanno come soggetti i proletari e la denuncia sociale, come il trittico L’istoria dei ciechi dolorosa del 1905 che subito si impone all’attenzione della critica.

Durante il percorso espositivo si procede con i ritratti: della moglie (opere del 1908 e del 1910) ma non solo. La famiglia è un altro tema a lui caro, si incontrano dipinti dei figli e più in generale di vita quotidiana, fatta di piccoli gesti e riti, un rifugio sicuro che si contrappone alla freddezza e alla crudeltà della guerra, anzi delle guerre, perché Crema le visse in prima persona entrambe: fu soldato durante la prima e “pittore di guerra” sulle navi durante la seconda. Un’intera sezione è dedicata proprio ai dipinti con al centro scene di trincea o di soldati che si preparano a lanciare missili. È da queste sue esperienze che probabilmente matura la convinzione del dramma del ‘900: l’assenza di ogni logica della guerra e al tempo stesso l’ingegno e il progresso di quegli anni che si rivelano un arma a doppio taglio perché in grado di generar armi di distruzione di massa lo spingono a creare l’opera Secolo XX e il monumentale polittico Itala gens (visibili nell’ultima sala della mostra) e scrivere nelle sue memorie, non a caso intitolate Memorie inutili di un sopravvissuto ed esposte grazie alla disponibilità degli eredi dell’artista: <Abbiamo visto i miracoli della tecnica scientifica che arrivano a compromettere, ormai, l’esistenza medesima del mondo, nella ricerca affannosa dei più spettacolari mezzi di distruzione, ed abbiamo perduto quel senso di fiducia e di sicurezza che rendeva sopportabile la vita>.

Altri temi affrontati da Crema in opere presenti in mostra: il simbolismo, fatto di miti, leggende, soggetti di fantasia rappresentati soprattutto attraverso i trittici e poi i nudi e la sua Ferrara, in particolare l’epoca estense, da Ugo e Parisina a Marfisa passando per un immancabile San Giorgio e il drago.

La mostra su Crema resterà aperta fino al 29 agosto. Per ogni informazione su come prenotare le visite si può consultare il sito www.castelloestense.it.