DUE FEBBRAIO, CANDELORA

«Ecco, vedi? L’importante è che una fiamma rimanga sempre accesa, per tutta la notte!»

Debora studiò con attenzione il viso della nonna, cercando di carpire fra le sue rughe un accenno di sorriso. Ma su quel volto lesse una serietà assoluta, quasi religiosa.

Con grande attenzione, la donna dispose la seconda candela accesa sul davanzale, davanti alla finestra, accanto a un informe bulbo di cera sul cui stoppino una fiammella si teneva ancora abbarbicata nell’attesa di morire in un filo di fumo.

«Perciò, prima che una candela si spenga bisogna accenderne già un’altra, e così via, da quando il sole tramonta fino al mattino, quando sorgerà. La Candelora è una notte strana, sai, Debora? È un po’ santa, ma anche un po’ stregata… Ormai hai sette anni, e queste cose le puoi capire…»

Al di là della finestra il paesaggio era pallido, piegato al soffio di febbraio che spazzando via ogni nube ostentava un cielo affollato da miriadi di stelle nella pece. Contro il vetro, i volti dell’anziana donna e della nipotina si riflettevano e si studiavano l’un l’altro ardendo nel freddo specchio di fuoco generato dalle due candele.

«Perché, cosa c’è da capire?» domandò Debora con aria di sfida. «Mamma mi dice sempre che sono tutte sciocchezze, e che le streghe esistono solo nelle favole!»

La donna posò lo sguardo sulla prima delle due fiammelle, ed essa svanì di colpo tramutandosi in un’evanescente animella grigia.

«Oh, lo so che tua madre non ci crede, Debora. Però io ti dico che certe cose sono vere comunque, che ci si creda oppure no. Ascoltami attentamente. Da quando avevo la tua età ho sempre rispettato la tradizione delle candele, e se permetti vorrei continuare a farlo.»

«Ma perché?»

«Te l’ho già spiegato, il perchè. In questa notte le streghe girano per il mondo, invisibili, alla ricerca di bambini da portare via, e le fiamme delle candele davanti alla finestra le tengono lontane. Vedi? La prima candela si è spenta, ma noi l’abbiamo già rimpiazzata. Con questa piccola scorta arriviamo a domattina, e per un anno stiamo tranquille. Tu vai pure a coricarti, se hai sonno, tanto finchè non sorge il sole qui resto io. Ma prima recitiamo assieme la filastrocca ancora una volta, per la seconda candela. Sii buona, dai… E non alzare gli occhi al cielo.»

La vocina di Debora si intrecciò quindi a quella più ruvida della nonna, ed assieme intonarono la cantilena:

«Due febbraio, Candelora – accendi il fuoco quando è ora – accendi il fuoco piano piano – e le streghe tien lont…»

Ma l’ultima parola non era ancora stata pronunciata che Debora si sporse rapida verso la candela accesa e con un soffio ne uccise la fiamma. Subito guardò la faccia della nonna, illuminata ora solo dal biancore osseo che scintillava dall’esterno, e si portò una mano davanti alla bocca a soffocare un risolino impertinente. La nonna la fissò di rimando, con un’espressione di puro sbigottimento stampigliata fra i lineamenti tesi.

«Perché… Perché lo hai fatto…?» balbettò, non capacitandosi del fatto che la nipote avesse osato compiere un atto tanto sacrilego.

Debora corse nel letto, continuando a ridacchiare, e in un balzo fu sotto le coperte e scomparve in un oscuro fagotto tremolante.

«Debora?» continuò la nonna, persa nell’oscurità della stanza invasa dall’odore acre dello stoppino bruciato. «Lo sai… Lo sai cos’hai combinato?!»

Allora Debora non riuscì proprio più a trattenersi, ed esplose in una risata che sotto le coltri risuonò cupa e ovattata. La nonna si portò accanto al letto, e si distese ad abbracciare la forma della nipote.

«Non dovevi farlo, Debora. Adesso…»

Debora rideva ancora, e non si rese conto che la voce della nonna era cambiata. Rise ancora qualche secondo, poi però si zittì, di colpo, accorgendosi che l’abbraccio della nonna stava facendosi troppo vigoroso. E nel momento stesso in cui percepì le unghie penetrare attraverso coperta e lenzuolo fin sotto la sua pelle provò a urlare, ma la sua gola non produsse alcun suono.

«… adesso le hai fatte entrare.»

 

[Prima pubblicazione: Mystero, feb.2001]