Nell’antro di Cazzola: la potenza del bianco
di Giuseppe Ferrara
«Benvenuti Amiche e Amici della Poesia». È con queste parole che l’Oracolo ci attende nel suo antro.
Non ci sono parole più belle “davanti” a queste: benvenuto, amico; e non c’è mistero più grande” dietro” queste altre: oracolo, antro.
Dal primo giorno che abbiamo incontrato il Prof. Cazzola siamo stati accolti così, come amiche e amici della Poesia e istantaneamente ognuno di noi si è sentito suo amico, perché questa parola “…deriva dall’aggettivo latino amicus o amica, «colui o colei che si ama» e l’amico si prende cura dell’altro, senza giudizio, senza attesa né pretesa, senza nemmeno troppe parole, giusto quelle che servono: sei tu, sono io, siamo tra di noi. Sono io che amichevole mi specchio in te e tu, amichevole, in me”. [1]
Il grande poeta russo Iosip Brodskij sosteneva che la Poesia è uno straordinario acceleratore mentale, ma l’Oracolo – qualunque buon sacerdote o sacerdotessa del tempio – sa bene che il desiderio è un cielo tracciato da chi si reca nell’antro: in mancanza di stelle (questo l’etimo di de sidus) è la Sibilla che chiede al questuante di tracciare a terra le costellazioni che le permetteranno il vaticinio.
L’Oracolo non fa che questo: Leggere i segni e legare passato presente e futuro con il suo vaticinio. Legare attraverso (tramite) sé stesso il destino di ciascuno, ciascuna, a un senso.
Quando Cazzola ci ospita nel suo antro si capiscono due cose: la prima è che la Poesia è una vera e propria macchina del tempo. La seconda è che il nostro amico Oracolo sa …dove vanno le anatre quando il lago gela! Sono i suoi occhi a farci comprendere queste due cose; è quella magnifica potenza che si sprigiona dal bianco dei suoi occhi rivolti alle stelle in “questo antro buio” nel quale siamo stati noi tutti benevolmente accolti. È Il bianco delle coste di Leucade, il bianco della fedeltà di Leuco, il candore di Leuconoe, il bianco dell’asino di Agi Mishol.[3]
Da sempre λευκός (leukos, bianco, portatore di luce) è uno degli epiteti di Hermes, il messaggero degli dei e il nostro amico si rivela tale nella sua magnifica restituzione di ogni strofa, ogni verso, ogni parola a un destino, illuminando le storie e riannodando i fili tagliati dalle Moire: così la poetessa di Lesbo ritrova il suo amato Faone, l’amico fedele riabbraccia Odisseo, “…i pensieri ancora puliti e non offuscati dalle esperienze della vita… “[2] restituiscono le autentiche emozioni oraziane; l’asino bianco viene condotto in un ironico paradiso dove settantadue asine immacolate gli leccano le ferite.[3]
La Poesia Scritta/Letta da Cazzola torna ad essere quello che in fondo la Poesia è: una magnifica Arte
dell’Allusione che ci fa viaggiare tra passato e futuro.
E solo un Oracolo che ci accoglie da amici in questo antro buio può Leggere, alzando il bianco degli occhi al cielo
il nostro desiderio e finalmente esaudirlo.
[1] – A. Marcolongo, Alla fonte delle parole, Mondadori, 2019
[2] – C. Cazzola, Ali alle parole, Quaderni del Liceo Ariosto, 63, 2015
[3] – A. Mishol, Ricami su ferro, Giuntina, 2017