Giornata della Memoria OMBRETTA G., EBREA di Roberto Giacometti
Il Gruppo Scrittori Ferraresi in occasione della Giornata della Memoria pubblica due racconti dedicati al tema della Shoah, che costituiscono “l’intervallo” tra i “due tempi” della raccolta “Chissà se Miranda verrà” del socio Roberto Giacometti pubblicata nel 2020 da Apogeo Editore
OMBRETTA G., EBREA
Ombretta G., ebrea, studentessa ventiduenne, capelli rosso rame raccolti in due forcelle di tartaruga, occhi che non stanno fermi un attimo, figlia minore dell’Avvocato G., ebreo, notabile cittadino e Consigliere comunale, ignora le voci della madre che l’inseguono per richiamarla a preparare le valige e scappa in giardino, dove s’acquatta sotto la folta chioma del tiglio grande, emozionata, perché è arrivata posta per lei e lei sa da chi.
È dai rami di quel tiglio che penzolava l’altalena, è dal quel tiglio che cadde e si ruppe un braccio, è dietro quel tiglio che si nascondeva quando era ora di andarsi a lavare, è sotto quel tiglio che Duccio le ha fatto la dichiarazione. Ed è lì che prima di partire per l’orrendo viaggio leggerà la tanto attesa lettera del suo amore.
È la seconda quindicina di agosto del 1938 e dai tuoni lontani si direbbe che pioverà.
Forte dei Marmi, 11 Agosto 1938, XVI E.F.
Mio piccolo fiore, dolce pansé, conto i giorni che ancora ci separano e sono finalmente pochi!
Le accuse di pigrizia dell’ultima tua mi hanno scosso dal torpore estivo in cui, mio malgrado, sto riverso… e dunque eccomi a te con alcune nuove.
Di nuove, a onor del vero, non ve ne sono: le giornate al mare trascorrono lente e monotone ai miei occhi ed orecchi, incapaci come sono di compiacersi del brulicare vacanziero di queste spiagge. Riesco a malapena a non far inaridire la pelle, se non già i pensieri stessi, standomene il più possibile sotto la tenda dello stabilimento e indossando ogni giorno – ne sarai contenta – la camicetta di lino che mi regalasti la sera prima ch’io partissi per questo malaugurato soggiorno (sono riuscito a non sporcarla ancora!).
Sto leggendo in lingua inglese un romanzo “proibito” di Stendhal, celato da un’innocente
copertina di una raccolta di versi del Carducci. Parla di un uomo costretto al confino. Vi trovo qualche inevitabile analogia col mio attuale destino, anche se gli agii di cui godo non sono certo paragonabili alle tristi vicissitudini del protagonista. Eppure anch’io mi sento in gabbia!
Mamma sta usando ogni abilità materna per farmi gradire la vacanza, per distogliermi dalle
preoccupazioni degli studi… e anche da te. La governante mi ha confessato che l’ultima tua lettera, prima di essermi consegnata, è stata per tre giorni nascosta fra la biancheria di mia madre.
Quando lei stessa me la diede, la settimana scorsa, disse che l’aveva appena recapitata il
portalettere. Evidentemente anche lei deve sentirsi combattuta. Anche lei, da giovane, deve aver amato con quell’incanto che ora ritrova nei nostri complici sguardi. Solo che lei ebbe la fortuna di non incappare in quest’epoca assurda e razzista (Dio non voglia che questa mia venga aperta per ispezione, ma non taccio!).
Mio padre, a Roma, dev’essere alle strette. Da un paio di sere giungono a mamma
interminabili telefonate, dopo le quali il suo aspetto è sempre più cupo. Si pensa che possa essere destituito dall’incarico da un momento all’altro, a meno che non decida pure lui – e in cuor mio penso che lo farà – di stare al gioco politico-accademico del Rettore Marescalchi. In questo clima, capirai, è assai difficile che mio padre riesca con buon esito ad intercedere per il tuo e per la tua famiglia. Ma non disperare ancora, vedrai che troveremo un modo (o un mondo?) per aggiustare tutto. Pensa solo che fra poco sarò di nuovo a casa, a stringerti fra le mie braccia, a nasconderti dalle malvagità, a leggerti Rimbaud, ad amarti Ombretta, come sai che so fare.
Le notizie che mi mandi di Mercedes mi rattristano assai, non la credevo capace di tanto! Ah Mercedes, pure tu m’hai tradito! Dei vecchi amici non mi resta che Oliviero, solo lui sta ancora dalla nostra parte. Che tempi infami questi! Tempi in cui non è dato alle parti onorevolmente opporsi.
Quest’aria di cospirazione a cui siamo costretti mi soffoca. Mi consolo ricordando che ogni sommovimento popolare è sempre nato nel buio degli scantinati. Aspetto con ansia la luce del sole, che però non sia questa, così banale, che acceca i bagnanti dell’ignara e beata riviera che ho davanti.
Sono nella mia stanza, dai vetri scorgo mamma che assieme al giardiniere (Arturo, ricordi?
lo conoscesti la scorsa estate) sta accomodando l’aiuola dei gladioli. La villa di nonno resiste fiera alle intemperie del clima e della morale. E con essa il suo giardino. I fiori continuano ad essere belli per tutti, senza distinzioni di razza, ma solo per coloro i quali ne sanno cogliere il profumo al di sopra delle dispute, solo per loro! Non si è mai visto un gladiolo ariano o uno ebreo, uno fascista o uno socialista. La bellezza, vestita del suo severo monito, è forse l’unica che ancora può garantire la
nostra dignità di uomini.
Ma ora ti devo lasciare, mio delicato pensiero fisso, giacché è ora che mi cambi per il pranzo che puntualmente verrà servito per il tocco delle 20. Ti ricordi lo scorso Agosto, quando giungemmo tu, Graziella, Marco ed io, a pranzo con i miei alle 20 e 10’, il loro sguardo torvo? Nulla è cambiato: forse anche la puntualità, come la bellezza, vuole stare al di sopra dei conflitti (sto scherzando naturalmente).
Ti mando un bacio anche da parte di Maria Teresa, che è stata qui ieri e mi ha chiesto di te (e di me, cioè di noi).
Buon giorno Ombretta! Vorrei che queste mie righe ti avessero svegliato, oggi, col sole… e che ti aiutassero ad essere felice, nell’attesa di rivedermi, perché oltre alla bellezza (e alla puntualità!)certamente l’amore non si schiera da una parte o dall’altra, ma le supera, le trafigge coi suoi dardi acuminati, le accomuna, le annulla, ne ride.
Ti amo, e presto verrò a farti capire quanto. Tieni il cuore pronto e le labbra socchiuse…tuo Duccio
Alfredo B., detto Duccio, tornò in città all’inizio di settembre e non fece in tempo a rivedere Ombretta, costretta assieme alla famiglia ad una repentina fuga in Svizzera presso lontani parenti della madre. Trovò un pacchetto, con una ciocca di capelli rosso rame ed una lettera di spiegazioni. Ci furono in seguito altre lettere, sempre più diradate nel tempo, poi la guerra.
Duccio dovette partire soldato e non fece a tempo a terminare il suo corso di laurea in fisica.
Morì sul fronte albanese in seguito ad una ferita malcurata.
Tornata in Italia alla fine del conflitto, Ombretta G. si dedicò all’insegnamento, divenne
preside e, giunta alla pensione, scrisse e pubblicò le sue memorie: Ombretta G., ebrea,
un’autobiografia che lei amava definire di riparazione, intrisa di rammarico per essere
sopravvissuta, per la cui copertina scelse la fotografia del grande tiglio che ancora, silente testimone, le offriva la sua ombra nelle calure estive.