Pittori fantastici nella Valle del Po

Tania Droghetti

In geografia non sono mai stata brava, con buona pace dei miei genitori, ferratissimi in materia, e dei miei insegnanti delle elementari e delle medie. Eppure alcune cose me le ricordo perfettamente sin dai tempi della scuola primaria, una di queste è che il fiume Po è il più lungo d’Italia, nasce dal Monviso, in Piemonte, e sfocia a delta nel mare Adriatico, in Emilia-Romagna. Nella testa mi risuona anche una filastrocca per ricordare gli affluenti di destra e di sinistra. Tutto questo forse perché il Po fa parte da sempre della mia vita quotidiana, perché ci vivo vicino, perché l’ho attraversato tante volte per andare a trovare i miei nonni, che altrettante volte mi hanno raccontato della piena del ‘51. Ero quindi molto curiosa di visitare la mostra Pittori fantastici nella Valle del Po organizzata al PAC, il Padiglione di Arte Contemporanea di Ferrara, dal Servizio Musei d’Arte del Comune e dalla Fondazione Ferrara Arte e curata da Camillo Langone.

In effetti, se sei nato e cresciuto lungo il grande fiume, l’impressione osservando le opere esposte è quella di soggetti e paesaggi famigliari, <quella luce l’ho vista, quel cielo, quel verde li porto dentro> scrive Vittorio Sgarbi, presidente di Ferrara Arte e ferrarese doc, nel catalogo della mostra. Sono posti, colori, atmosfere, azioni che già conosci. E sono invece belle scoperte per chi vive lontano dal Po.

Due sono le cose che Camillo Langone sottolinea nella sua presentazione della mostra e che il visitatore deve sapere prima di iniziare il suo viaggio lungo il Po: l’utilizzo dell’aggettivo “fantastico” e la storia dei 42 artisti che espongono: <Con l’aggettivo “fantastico” abbiamo voluto intendere sia il significato letterale, legato alla fantasia e al sogno, sia il significato enfatico, ammirativo. Pittori fantastici nella Valle del Po è più di una mostra d’arte contemporanea: è una mostra d’arte vivente, come i suoi 42 protagonisti, tutti nati o residenti in prossimità del più lungo fiume d’Italia. Tutte le opere sono legate al territorio: alcune erano già esistenti, molte sono state realizzate appositamente, su mia sollecitazione. Possiamo godere di 42 visioni che si differenziano anzitutto per singolare genio e poi per stile, tecniche (olio, acrilico, matita, penna, pennarelli, pastelli, spray, bitume, carbone, foglia d’oro…), supporti, dimensioni… L’arte è bella perché è varia>.

(Un consiglio per i visitatori/viaggiatori: per non perdere preziose spiegazioni e per non rischiare di “perdervi lungo il fiume” seguite il percorso descritto nel catalogo, che non è esattamente quello che verrebbe spontaneo quando entrate al PAC. Il catalogo lo potete consultare o acquistare alla biglietteria).

Scriveva Plinio in Naturalis Historia: <Il Po sgorga, con una sorgente degna di essere vista, dal grembo del Monviso, cima alpina tra le più elevate, nel territorio dei Liguri Bagienni>. E la prima artista che si incontra in mostra, Moira Franco, vive proprio alle pendici del Monviso e nelle sue opere, Trip – Ordo Amoris, disegnate a matita su delle agende (a proposito di varietà di stili, tecniche e supporti) lo stretto legame con e l’amore per la montagna, la sua terra e le sue radici sono il soggetto principale.

Ci si sposta poi in Valsusa con l’artista 108 (all’anagrafe Guido Bisagni) e il suo quadro Tributo alle pietre della Valsusa, pietre su cui si trovano incisioni preistoriche forse connesse ad antichi riti di fecondità.

La Gran Madre di Dio di Daniele Galliano ci porta in una notturna Torino mentre Valentina D’Amaro, in Senza titolo, dipinge di un verde brillantissimo le risaie piemontesi che tanto somigliano a quelle del Delta del Po.

E poi inizia il tratto centrale del fiume, quello più lungo e vario, quello dove puoi trovare la caccia al cinghiale di Federico Guida (Exempla (La braccata)), La pesca elettrica di Sergio Padovani (che però è al primo piano), il pesce gatto colorato di Marta Sesano in Submarino e i pesci realizzati con matite e capelli su carta giapponese da Tamara Ferioli in Lacrime come remi. Ci sono anche le storie di streghe da sempre raccontate ai bambini ne La Borda di Marco Mazzoni che si accompagnano, con stili ben diversi, ai Pettegolezzi e segreti nell’aia padana di Marco Cingolani.

Sempre nel tratto centrale del Po incrociamo altri paesaggi tipici: il Parco Lombardo di Gianluca Di Pasquale, la Roggia con grande albero di Letizia Fornasieri, il Ponte verde di Annalisa Fulvi, Isola Serafini: Diga e Valloria sabbione alghe di Riccardo Taiana, Dove l’acqua è dolce di Wainer Vaccari.

Carlo Alberto Rastelli è il più giovane pittore in mostra, è nato a Parma nel 1988, e al PAC ha portato due sue opere: Emilia Paranoica, stesso titolo della canzone dei CCCP, e Sottotenente Trotta, che riporta alla Marcia di Radetzky di Joseph Roth e alla battaglia di Solferino (Mantova), perché anche la storia vuole la sua parte in questo viaggio.

Il titolo Fortune inaspettate, bizzarri giochi del caso, riti di passaggio, bella vita, nell’universo dei pesci rossi di Enrico Robusti dice già tutto dell’opera e lo stesso autore in Affettazione liturgica unisce la vera religione con quella che regna sovrana in questa terra di mezzo: la religione del cibo, in particolare degli insaccati. Nella stessa sala troviamo anche Bradamante Serial Covid di Elena Monzo, un’interpretazione decisamente moderna della Bradamante protagonista dell’Orlando Furioso di Ariosto.

Sembrano fotografie invece i tre quadri di Daniele Vezzani che vedono protagonista una donna seminuda che si aggira in una grande casa, a rappresentare la Spleen (inquietudine) del titolo.

Di Nicola Biondani è l’unica scultura della mostra, La farsa del teatrante blasfemo, poi martire, un episodio della vita di San Ginesio, patrono di Fabbrico, piccolo paese in provincia di Reggio Emilia.

Prima di entrare nell’ultimo tratto del Grande Fiume, quello che porta al suo delta e poi al mare, non potevamo non incontrare un altro elemento che caratterizza questa Val Padana: l’industria. Andrea Chiesi in Eschatos 9 raffigura uno zuccherificio demolito della Bassa Modenese e in Eschatos 17 una fabbrica abbandonata.

Al centro di questa prima parte della mostra campeggia Un Po d’oro di Massimiliano Galliani, vernice nera e oro in foglia su tela.

Scende il fiume e sale il visitatore. Al primo piano la mostra continua con gli artisti che sono nati nella zona del delta del Po o che hanno scelto a loro modo di rappresentarlo: ancora acqua, barche, ma anche argini, scorci di piccoli paesi che vivono a pochi metri dal fiume. Potete anche lasciarvi distrarre dal grande siluro che trovate in cima alle scale sulla parete di sinistra e che il ferrarese Marcello Carrà ha disegnato a biro su carta nel 2012. Come lui sono nati nella città estense anche Aurelio Bulzatti, che la fa rivivere in Trilogia estense: strada, sogno, fiume (foto), Gianfranco Goberti (Paesaggio padano), Nicola Nannini (Sotto un cielo d’autunno), Sergio Zanni (La barca e Pianure) e Luca Zarattini (In foce). Nel catalogo ai pittori ferraresi della Valle del Po è dedicato un saggio di Lucio Scardino.

Di Adelchi Riccardo Mantovani, nato a Ro Ferrarese e il cui Notturno Padano è stato scelto come locandina della mostra, scrive Sgarbi: <Il suo sogno, come il mio, fu sempre sul fiume di cui ci restituisce l’incanto nel Notturno padano, sotto la luce della luna piena. Il paese sul fiume è sempre Ro, di cui la spaziosa piazza, al centro della vasta campagna, è il teatro di un’Allegoria del bene e del male>. Del padre di Vittorio, Giuseppe Nino Sgarbi, in mostra è possibile vedere un cortometraggio, Il mio primo film girato a 90 anni, immagini di un tramonto sul grande fiume dedicate alla figlia Elisabetta.

Anche nelle opere di questo piano non mancano miti, leggende e storie di questa terra: Trittico di San Giorgio e il drago di Giuliano Guatta, Eridano (ambra) di Vanni Cuoghi, Studio per caduta di Fetonte di Nicola Verlato e Autoritratto di Omar Galliani, in cui Camillo Langone nei fuochi sullo sfondo intravede <le battaglie combattute qui intorno, in particolare la battaglia di Governolo dove venne ferito a morte Giovanni dalle Bande Nere>.

Pastorale di Nicola Samorì è un’opera “scavata” letteralmente nell’onice e si ispira al San Giovanni Battista del ferrarese Ercole de’ Roberti.

Siamo già a Pontelagoscuro con le linee “metalliche” di Ester Grossi, poi al Paesaggio Zombie Stellata di Monica Cuoghi e Claudio Corsello (spray su velluto su supporto moquette!), ancora un Frammento di terra e fiori di Gabriele Grones e poi l’incontro con i cervi del boscone della Mesola in Vita, morte e miracolo alla Mesola di Nunzio Paci. Nelle Mappe di Giovanni Frangi una vista dall’alto di campi e corsi d’acqua che si mischiano e si perdono fino ai paesaggi marini di Deltadi Barbara Nahmad, “quaggiù, sotto questo cielo, dopo 652 chilometri finalmente il Grande Fiume trova pace”, così chiude il suo viaggio Langone.

In mostra ci sono anche opere del bolognese Luca Moscariello, Memoriale, e del ravennate Enrico Minguzzi, Il rumore del mare e Il fronte, perché, dagli studi di “idrografia storica” di Langone <la Romagna occidentale è stata Val Padana fino a tempi abbastanza recenti e gli artisti di quella zona affluiscono al Grande Fiume quantomeno dal punto di vista storico>.

Pittori fantastici nella Valle del Po è aperta fino al 27 settembre, tutte le informazioni per prenotare la visita on line e per rispettare le norme anti-Covid le trovate sul sito

www.prenotazionemusei.comune.fe.it.