MAGIA D’AGOSTO

«Ragionier Mongardi, la sua posta!»

Federico Mongardi sollevò il capo giusto in tempo per scorgere il garzone scomparire oltre la porta a vetri dell’ufficio mentre ancora non si era smorzato il tonfo ovattato della corrispondenza lanciatagli sulla scrivania, accanto alla pila delle pratiche da evadere. Aveva bussato? Se l’aveva fatto, Mongardi non se n’era proprio accorto…

Infilò pollice e indice sotto gli occhiali, massaggiandosi con vigore le palpebre. Poi riportò la schiena in posizione eretta (se stai seduto così diventerai gobbo! gli diceva sempre sua madre, pace all’anima), abbandonandosi contro lo schienale della poltroncina, e afferrando pigramente il malloppetto di buste si illuse di trovare di refrigerio aprendo un bottone della camicia.

Aveva ancora un po’ di scartoffie da esaminare e digerire, in effetti, prima della pausa pranzo, e non sarebbe stato opportuno rilassarsi… Ma che diavolo! Accidenti al giorno in cui aveva rimandato le proprie ferie a settembre per concedere agosto a quella gallina della Cavallari, che in quel momento se ne stava a starnazzare a Ischia, alla faccia sua!…

«Vabbe’, vediamo un po’ cosa abbiamo qui.»

Pubblicità di una poltrona elettrica per salire le scale: non era ancora il momento. Alcune fatture da fornitori: non si aprono mai al venerdì. Programma di spettacoli teatrali all’aperto: direttamente in archivio (leggi: cestino). Un’amena cartolina: non la voltò neppure, riconoscendo una veduta di Ischia. E poi…

Si trovò a osservare con curiosità una busta strana, sulla quale il suo nome era vergato a mano con grafia elegante, ricercata. In un angolo, a sinistra, campeggiava un cerchio rosso affollato di lettere, disegnini e arzigogoli incomprensibili. Riuscì a distinguere un nome: LAMMAS. Nient’altro. Gli diede subito l’impressione di qualcosa di strampalato, di misticheggiante, tipo quelle offerte di oroscopi personalizzati che di quando in quando giungevano da chissà dove per spillare denaro. Non valeva affatto la pena stare a pensarci sopra, se non per rimandare artificiosamente di qualche minuto il noiosissimo lavoro che lo aspettava.

Aprì la busta con il tagliacarte di plastica verde (quello che lui chiamava stracciacarte, dato che di tagliare non se ne parlava proprio), e ne lasciò scivolare il contenuto sulla scrivania: una lettera in carta giallina, ripiegata in tre parti; una seconda busta, più piccola, completamente nera; e un bollettino postale prestampato per un versamento di 60 euro.

«Come immaginavo…»

Con un sogghigno stanco a stirargli le labbra, Mongardi aprì la lettera (scritta a mano, in fotocopia, intestata con lo stesso simbolo che compariva sulla busta) e cominciò a leggere.

«Egregio Signor Federico [il suo nome era l’unica parola vergata in originale, come su ogni circolare che si rispetti], ciò che ha tra le mani è quanto di più serio lei possa aver mai incontrato in tutta la sua vita. Ci presentiamo brevemente: siamo il Lammas, circolo di ricerca esoterico-spirituale dedito alla preservazione di un patrimonio ritualistico pagano tramandato di generazione in generazione. Noi siamo devoti alle forze della Natura, della Terra, della Fertilità. E per celebrare la sacra data del 1° agosto (Lammas, l’antica Hlaf-mass, la celtica Festa del Pane, giorno di Lughnasadh in cui onoriamo Lugh il Lucente) abbiamo deciso di esporci con un’iniziativa che crediamo potrà incontrare il suo interesse. Riteniamo di conoscerla più di quanto lei possa immaginare, e per questo pensiamo di farle cosa gradita offrendole l’opportunità di sfruttare i poteri della nostra Grande Magia con un minimo sforzo economico…»

Il delirio proseguiva enumerando gli incredibili vantaggi che Mongardi avrebbe ricavato affiliandosi al Lammas, in toni invariabilmente cialtroneschi: la sua professione procederà a gonfie vele… i suoi nemici sono i nostri nemici… agire sulle persone attraverso le loro fotografie… incantesimi del bene e incantesimi del male… conservi gelosamente la bustina nera e il suo magico contenuto senza aprirla, e via farneticando. Giusto ciò che ci voleva per quella torrida, esasperante mattinata di lavoro.

Mongardi ripiegò la lettera, sconsolato, e guardò l’orologio alla parete. Le 11.35. Presto, ancora troppo presto per andare…

Le pale del ventilatore sopra lo schedario ruotavano sonnacchiose, riflettendo alla perfezione la sua voglia di tornare a considerare la pila di documenti che sembravano fissarlo con impaziente riprovazione. Con gesti nervosi appallottolò lettera e busta, affidandole senza possibilità di appello al cestino; quindi fu la volta del bollettino di pagamento, che per maggior sicurezza venne prima ridotto in coriandoli; infine sollevò con aria compunta la bustina nera, le rivolse una sonora pernacchia (ignorando il fatto che qualcuno avrebbe potuto sentirlo), e la strappò in due…

Quando, dieci minuti dopo, l’anziana signorina Berti entrò col suo passo lesto nell’ufficio di Mongardi per restituirgli un paio di preventivi sballati, dovette compiere acrobazie per non scivolare sul sangue.

 

Dal verbale redatto dai carabinieri in data 3 agosto 2002, ore 12.45 circa:

«[…] la porzione del corpo di Mongardi Federico comprendente gli arti inferiori, parte del bacino e il braccio destro, è situata sopra la poltroncina. Il resto – testa, spalla e braccio sinistro, porzione di tronco – giace sul pavimento. Non sussistono al momento ipotesi attendibili circa la dinamica della morte. […] Fra le dita di ciascuna mano il cadavere stringe le due metà di una piccola busta di colore nero, al cui interno è contenuta una fotografia lacerata dello stesso Mongardi.»

[Prima pubblicazione: Mystero, ago. 2001]

Nota) Nel 2006, da questo racconto il regista Luigi Parisi ha tratto il cortometraggio “Il Cerchio di Lahmas”, visionabile su Youtube: https://www.youtube.com/watch?v=2OPU2BqCQsY