SOLSTIZIO D’ESTATE

Una brezza lieve scompigliava gli acerbi ciuffi bianchicci, frementi sopra l’immenso campo di granturco. La coltre delle stelle di giugno era stesa, immobile e silenziosa, a osservare l’uomo che attraverso un incerto sentiero si era inoltrato fino alla piccola radura circondata dall’oceano di foglie aguzze e lucidi steli scuri. Dove il Signore delle Messi lo stava aspettando.

Non faceva freddo, ma adesso Isaac si sentiva gelare dentro l’anima. I fusti delle piante lo nascondevano senza difficoltà, quindi potè appostarsi a spiare il padre dopo averlo pedinato fino al centro del campo, senza farsi né scorgere né udire. Ma non si era ancora reso conto di cosa l’uomo portasse fra le braccia. O aveva finto con se stesso di non capirlo. Fino a quel momento. Per cui, quando lo vide fermarsi di fronte al grande spaventapasseri incoronato e chinarsi per posare a terra il corpo esanime del ragazzino, dovette portarsi le mani alla bocca perché un gemito non lo tradisse.

Allora… aveva avuto il coraggio di farlo per davvero!…

Isaac conosceva confusamente quella vecchia storia. Aveva sentito talvolta gli anziani del paese accennare al Signore delle Messi, al rito del raccolto, al dovere dei padri… Poi era stato suo nonno, una volta, a raccontare tutta la leggenda, a lui e a suo fratello Aaron.

(Aaron, Dio del Cielo, no!…)

Ma non era una leggenda, aveva detto loro con aria pensosa. Era una cosa che in passato veniva fatta, e il passato, sosteneva, non è mai tanto diverso dal presente e dal futuro quanto si potrebbe immaginare. Il frutto della terra è un dono divino, un dono che gli uomini debbono sapersi meritare. A costo di qualsiasi sacrificio. Ecco perchè il Signore delle Messi andava onorato, e occorreva farlo a ogni solstizio d’estate senza luna…

Quando Isaac aveva domandato come lo si dovesse onorare, il nonno – pace all’anima sua – gli aveva risposto che ogni padre in cuor suo lo sa. E se pure lui un giorno fosse divenuto genitore, lo avrebbe saputo.

Da qualche mese, Isaac aveva notato uno strano nervosismo in suo padre. E anche sua madre si era fatta più taciturna. Un paio di volte l’aveva sorpresa a piangere, di nascosto, in cucina. L’aria che si respirava in famiglia non era più la stessa. E l’incomprensibile aura di malinconia aveva contagiato pure suo fratello Aaron, che solitamente era un ragazzino vivace, giocherellone. Forse aveva già capito. Stava solo aspettando.

Era stato un caso che ad Isaac fosse caduto l’occhio sul calendario, quel giorno. Non aveva mai pensato che quella storia potesse essere presa alla lettera; invece era stato semplicemente cieco: stupido, e cieco.

Quell’anno la luna nuova cadeva esattamente il giorno 21, solstizio d’estate! E il rito per propiziarsi un buon raccolto fino al prossimo solstizio senza luna si sarebbe svolto, come tutti gli anni, in mezzo ai campi, quando la notte avrebbe potuto custodire il segreto sigillandolo dentro i cuori degli abitanti del villaggio. Evidentemente l’anno prima (a fine ottobre, durante il raduno che gli anziani tenevano a porte chiuse, dentro la chiesa vecchia) era stato deciso che a celebrare il rito l’anno seguente sarebbe stato suo padre…

Il grande spaventapasseri torreggiava sinistro sopra il campo, illuminato dalla grossa torcia che l’uomo aveva posato a terra, fra le zolle. I logori abiti che indossava si agitavano e frusciavano nel sussurro del vento. Il suo viso amorfo di tela imbottita di paglia pareva celare occhi che non aveva sotto le larghe foglie legate attorno al capo a mo’ di corona.

Sotto di lui, accanto al cadavere, attendeva una fossa, bocca nera spalancata nel terreno, scavata probabilmente nel pomeriggio. Il Signore aveva aspettato a lungo. E finalmente il dono per lui era arrivato.

Isaac decise che era giunto il momento di fare un passo avanti…

Ma l’arrivo di Aaron, trafelato, lo gelò. Dall’ombra, suo fratello uscì correndo tra i fusti di granturco, e il padre si voltò a guardarlo.

«Tutto a posto?» gli domandò greve l’uomo.

«Sì, papà» rispose cupo il ragazzino, ansimando. «La mamma si è calmata. Se ne farà una ragione, vedrai.» Poi, avvicinandosi al padre e al corpo a terra, aggiunse: «Posso darti una mano?»

Allora il mondo attorno ad Isaac prese a oscillare, e la notte senza luna si contorse come carta nera in pasto al fuoco. Devastato dall’improvvisa, impietosa consapevolezza di quanto era veramente accaduto, abbandonò il proprio nascondiglio nell’illusione che fosse il vento a sospingerlo. E nessuno lo vide.

Rimase allora lì – senza voce, senza lacrime, già sapendo che quello sarebbe stato il suo posto, per sempre – a osservare padre e fratello che in silenzio seppellivano il suo cadavere ai piedi del Signore delle Messi.

 

[Prima pubblicazione: Mystero, giu. 2001]