CURIOSITÁ

Il colonnello Reitmann bussò tre volte, in rapida successione; poi entrò, senza attendere alcun permesso. Immediato, lo accolse un tanfo acre e ferroso che lo indusse a portarsi sotto le narici un dito guantato.
Il dottor Grӧnrieg si voltò di scatto, immobilizzandosi davanti a un lavandino nell’atto di sciacquare un paio di rozze forbici. Il getto d’acqua sgorgava limpido, ma quando arrivava a colpire il fondo di ceramica si arricchiva di una tinta rosata.
«Caro colonnello» esordì il dottore con aria compunta, fingendosi per nulla sorpreso, «a cosa devo la gradita visita?»
L’ufficiale mosse alcuni passi all’interno del piccolo studio maleodorante, lasciando che la lucidissima aquila di metallo sul suo copricapo rimandasse contro le pareti una serie di sporchi baluginii strappandoli a un sudicio tubo al neon. Scelse di non rispondere subito, mentre con lo sguardo vagolava qua e là evitando di soffermarsi sui singoli oggetti che raccontavano solamente storie di dolore: ferri chirurgici, morse, cinghie, seghe, siringhe…
«Carissimo dottore, lei sa quanto bisogno ci sia, qui al campo, di braccia forti. Il lavoro è tanto. E noi abbiamo piacere che siano i giudei a compierlo, non è d’accordo?»
«Pienamente d’accordo, colonnello. Ma non capisco…»
«Durante l’ultimo mese, lei ha già… diciamo… usato tre ottimi soggetti. Per il bene della scienza, s’intende. Stamane ha preteso quel giovane, quel Tobias, se non sbaglio…» Una pausa. Poi: «Ebbene, dov’è?»
Il dottor Grӧnrieg lo fissò negli occhi per alcuni istanti, dopodiché decise che sarebbe stato più saggio optare per la sincerità.
«Qua, colonnello.» E avvicinandosi a una tendina di plastica traslucida la scostò, lasciando che Reitmann potesse verificare da sé.
Dentro un’ampia bacinella di metallo stavano ammassate due braccia e due gambe, troncate con perizia. In un secchio lì accanto si scorgeva un nauseante ammasso di viscere, strati di pelle malamente arrotolata e cuoio capelluto. In un vaso di vetro, immersi in un liquame sanguinolento, erano stipati due occhi, e orecchie, e un naso, e denti, e chissà cos’altro…
Reitmann annaspò, avvicinandosi. Dietro quella ributtante parata stava una brandina, sulla quale giaceva qualcosa coperto da un lenzuolino imbrattato di rosso.
«Ma cosa diavolo…» cominciò a dire.
Il dottore non lo lasciò proseguire. I suoi occhi lucenti tradivano l’entusiasmo malato che lo possedeva.
«Colonnello, lei non sarebbe curioso di sapere quante cose si possono togliere, a un uomo, senza lasciarlo morire?»
Il colonnello tese un braccio, avvicinò una mano vagamente tremula a un lembo di quel lenzuolo. Un gemito e un flebile movimento vennero dal ripugnante fagotto.
«Non sarebbe… curioso?»
Il cuore lanciato ora in una corsa furibonda, il respiro roco, il cervello preda di un’eccitazione mai provata, il colonnello rispose:
«Sì…»
[Pubblicato nell’antologia 365 RACCONTI HORROR PER UN ANNO, Delos 2011]