Gli angeli di Zagabria
Bellezza elegante e riservata, incipriata di storia, Zagabria non si dona al primo sguardo.
Distesa nelle vie ordinate, nelle geometrie pastello di una disciplinata periferia, sorride timida, si svela a poco a poco. Il suo cuore nobile è racchiuso in un’armatura di rasserenante silenzio: il centro storico è melodia struggente di violino, che sfiora ogni corda dell’anima ai piedi della Cattedrale neogotica, nella Città Alta.
Tra gli antichi edifici, sussurra un volto angelico sul muro affrescato di rosa.
E sorprende, sbucando all’improvviso tra i viottoli di porfido, la gioia ribelle e colorata della chiesa di San Marco che si specchia nelle tele del Museo croato di arte naïf.
Mentre cola la luce dell’ultimo sole sulle case arcobaleno della via Tkalčićeva, a una a una prendono vita le fiammelle dei lampioncini a gas.
E per contagio di luce s’accendono sguardi, s’incontrano bicchieri e sussurri e risa tra i tavolini dei caffè all’aperto.
A Zagabria scopro la voce assoluta di Jozefina Daubegović, una poetessa in viaggio, in fuga. In esilio. Ma nella sua poetica sofferta, scrive Laura Testoni, «c’è sempre spazio per l’incanto». Come negli ultimi quattro versi di questa splendida lirica, Apri la finestra: «Il mio angelo ha perso più/ della casa e della misericordia/ Se risponde/ abbiamo ancora una possibilità».
APRI LA FINESTRA
Una dopo l’altra fuori cadono le illusioni
Apri la finestra
Fuori bagnato di lacrime se ne sta
il mio angelo caduto
e prega
per la tua redenzione
Fuori cade pura rugiada
e crolla il buio sui tetti
Apri la finestra
Dietro al cespuglio le cui gemme guardavamo insieme
se ne sta misero e scalzo
e ha freddo
Chiamalo
A tutte le parole tenere risponde
Fuori si addensa la notte
e le stelle cadono sull’asfalto sporco
Negli angoli delle strade dove la luce non arriva
abitano i senzatetto con le scarpe
Il mio angelo ha perso più
della casa e della misericordia
Se risponde
abbiamo ancora una possibilità.
(Zagabria, 13/03/1993)