Funambolia. Bilico d’amore di una madre

Simonetta Sandra Maestri

Funambolia

Bilico d’amore di una madre

CTL Editore (Livorno 2023) – Prefazione di Camilla Ghedini

«Si può sopravvivere alla morte di un figlio?

(…)  Mio figlio Raffaele è passato nell’Oltre il 22 settembre 2017, travolto sulle strisce pedonali

(…). In un battito di ciglia la morte improvvisa e inaspettata di un figlio nel fiore degli anni ti paralizza l’esistenza. Sopravvivere a questo ergastolo significa imparare a perdonarsi per essere viva, imparare a vivere come una funambola camminando sul filo della vita tra abissi dell’anima, strapiombi e speranza di raggiungere la pace interiore».

               È l’autrice a porgerci la chiave della sua silloge Funambolia, trentatré liriche potenti nella loro viscerale autenticità.

Di fronte alla tragedia della perdita di un figlio spesso ci si trincera dietro un «non ci sono parole»: ed è vero, tutti noi ci nascondiamo, non ci sembra possibile descrivere quel dolore inimmaginabile. Eppure in questo libro l’autrice ci fa capire che «sì, le parole ci sono»: «Dal rivo strozzato le parole, che prima mi implodevano dentro, sono affiorate quasi involontariamente» – scrive Simonetta Sandra Maestri – dopo cinque anni di «funambolia», di sgomento e contatto (fino a diventare una confidenza quotidiana) con la «voragine», con «l’abisso», con «lo strapiombo», con i «crepacci dell’anima».

Un «bilico» tra il desiderio di essere qui ed ora – l’essere madre e sposa – ma anche di essere Oltre: «Là dove l’aria, il respiro/ diventano amore,/ ci sei tu» (L’INCONTRO).

Quelle parole escono a volte come un grido:

Non ti perdono questo inganno

NO

non ti perdono

questo assordante silenzio.

E adesso…

altrettanto impietosa

CONTINUI

come se…

nulla fosse accaduto.

(IMPIETOSA VITA)

            Quanta rabbia sgorga da un dolore vivo che «zampilla» (ZAMPILLA): è una devastazione, è una «tormenta», un «uragano». La forza della Natura può essere indomabile. L’autrice si ritrova travolta dalla vita, dal corso di acque tanto violente da farla naufragare. Ma la poesia diventa la zattera per continuare a «galleggiare» (GALLEGGIO), la via per dare voce a quel «silenzio assordante»:

«Ecco, il divino dell’umanità:/ ritratti di luce/ la luce della parola. //Emozioni e parole/ nell’alfabeto degli angeli» (VEGLIA).

             Il bilico di una madre è un duello: «Il dolore m’ingloba» (E SCIVOLO FUOR DI ME STESSA) ma «L’amore deflagra dentro di me» (RAGGIO DI VITA).

L’ultima parola spetta infine all’amore.

Quel sentimento è racchiuso nell’ultima lirica, che ha ispirato la bellissima immagine di copertina, opera dell’artista Isa Bighetti (fotografia di Lucio Russo): una bambina che di fronte a un cancello chiuso e a un muro invalicabile, stringe nella mano un filo di spago.

Un filo esile, spoglio, solo, ma capace di dischiudere mondi:

Tenevo in mano un filo di spago,

non avevo di che attaccarci

mi immaginavo di tutto.

Quand’ero sola,

l’universo attaccato al filo,

ero felice.

(…).

Ho dovuto

riprendere in mano quel filo

per tornare a immaginare l’universo

(L’UNIVERSO ATTACCATO AL FILO).

«Ho dovuto perdonarmi di essere viva».

«Ho dovuto / imparare a strisciare/ come una lumaca che, /dopo la pioggia, /riprende la vita» (HO DOVUTO).

Quel «ho dovuto» che si ripete come un mantra esplicita l’imperativo interiore di chi infine sceglie la vita, con tutte le proprie forze, in una incredibile «metamorfosi dell’assenza in presenza».

La poetessa sa esprimerlo con una metafora sublime: «L’ascensore della vita/ eleva l’anima/l’ascende/ nell’aura dell’infinito».

Il bilico su una fune – un filo sospeso – diviene un ponte per attraversare il dolore. Perché questo libro possiede una forza straordinaria, come la sua autrice. Le pagine sono braccia aperte per condividere: «Un invito a sottrarsi ai tempi della vita frenetica nella consapevolezza che amare significa Esserci, Comunicare e Dirselo». E questa è la lezione più bella e importante che Simonetta mi dona (e che dona a tutti noi). Un messaggio per il quale esserle infinitamente grati.

Grati per quel filo che ci lascia tra le mani: filo di ricordi, che la lega per sempre al suo Raffaele.

Filo di luce.

Filo, indissolubile, d’amore.

Eleonora Rossi