Rimani qui. Non c’è bisogno di partire
«Mi piace camminare da solo per i viottoli di campagna, fra piante di riso ed erbe selvatiche, poggiando un piede dopo l’altro con attenzione, consapevole di camminare su questa terra meravigliosa. In questi momenti, l’esistenza è qualcosa di prodigioso e misterioso. Di solito si pensa che sia un miracolo camminare sull’acqua o nell’aria. Io credo invece che il vero miracolo non sia camminare sull’acqua o nell’aria, ma camminare sulla terra. Ogni giorno siamo partecipi di un miracolo di cui nemmeno ci accorgiamo: l’azzurro del cielo, le nuvole bianche, le foglie verdi, gli occhi neri e curiosi di un bambino, i nostri stessi occhi. Tutto è un miracolo1».
La saggezza e la dolcezza delle parole di Thich Nath Hanh mi hanno accompagnato durante la scorsa estate, stagione per me straordinaria. L’emergenza Covid, per la prima volta negli ultimi anni, ha allontanato dai pensieri l’idea di viaggiare per il mondo, una delle mie attività preferite (che considero da sempre una ricarica vitale per tutti i mesi a venire, un arricchimento che per me non ha eguali), ma dall’altro lato ci ha suggerito di trasferirci al mare per un lungo periodo: una settimana dopo l’altra – poi un mese dopo l’altro – nella quiete di un bilocale fronte mare, attorniata da cicale e gabbiani, con lo sguardo sempre calamitato dall’orizzonte azzurro.
Quella che inizialmente si presentava come una monotonia di sabbia grigia e pineta, si è rivelata un’autentica opportunità di crescita e di scoperta. Ho parcheggiato l’auto e i dispositivi, ho riservato il risveglio di ogni mattina alla mia corsa nell’ombra di una pineta profumata, ho iniziato a camminare per lunghe ore, in riva al mare o tra gli alberi, ho iniziato a leggere e a meditare e, con la guida di bravi maestri, a praticare lo yoga almeno due volte a settimana.
Sul mio balcone affacciato sull’infinito, ogni giorno più del precedente, ho iniziato a respirare.
A rallentare il ritmo, a prestare attenzione a ogni dettaglio intorno, a gustare il cibo, a scegliere i pensieri.
Mi sono proiettata in un’altra dimensione, e ho iniziato a pensare che in qualche maniera poteva essere comparata a quella che gli antichi chiamavano otium: una parentesi di sospensione, per dedicarsi alla cura di sé e alla propria crescita, attraverso lo studio e la contemplazione. Per Orazio l’otium rappresentava l’unica via che poteva condurre alla felicità; per Ovidio era la condizione ideale per dedicarsi all’attività letteraria, mentre per Seneca quel tempo privato – isolato da ogni affare pubblico – era la strada per conseguire maggiore sapienza: contemplando la natura e il silenzio, ci si allontanava dallo sguardo fugace della quotidianità, approssimandosi invece alla propria anima.
«Ricorda che c’è un unico momento importante: questo. Il presente è il solo momento di cui siamo padroni. La persona più importante è sempre quella con cui siamo, quella che ci sta di fronte2».
Nel mio ‘otium‘ ho assaporato un tempo disteso, momenti indelebili con chi amo, costruendo abitudini e una ritualità nuova; sulla riva del mare ho incontrato, senza appuntamento e senza fretta, tante persone amiche. Sono rimasta molte sere davanti al tramonto senza guardare l’orologio e il senso di confine che avvertivo intorno gradualmente si è allargato: quello che vedevo fuori era in qualche misura parte di me. Sono dimagrita senza sforzo e, camminando nell’acqua e respirando salsedine, con il corpo e la mente più leggeri, senza preoccuparmi del trucco o del vestito, mi sono sentita davvero finalmente bene.
Ho scritto e letto ogni volta che lo desideravo, dedicandomi al Quaderno speciale realizzato con i vostri testi e curato da Giuseppe Ferrara per celebrare i venti anni della nostra associazione, ho raccolto idee e pensieri in libertà.
Mi sono resa conto di tutti questi benefici nei pochi giorni in cui sono dovuta ritornare in città (per una visita o qualche scadenza): immediatamente ho capito quanto mi mancava il mare, la sua voce sempre presente.
Se viaggiare resterà sempre ai primi posti tra le attività che amo, in questa estate di ‘villeggiatura’, lentezza e otium, ho iniziato a sentirmi parte di un respiro più grande:
«Sii un germoglio in silenziosa attesa sulla siepe.
Sii un sorriso, frammento del miracolo della vita.
Rimani qui. Non c’è bisogno di partire3».
(Eleonora Rossi, Editoriale de l’Ippogrifo, dicembre 2020)
1T.N. Hanh, Il miracolo della presenza mentale. Un manuale di meditazione, Ubaldini Editore, Roma, p. 20
2Ibidem, p. 63
3Ibidem, p. 32