«Vivere adesso»
(IV puntata del mio taccuino inedito Mi prendo un anno sabbatico, viaggio alla riconquista del tempo, ottobre 2016)
Le voci
«L’anno sabbatico? Si vede che te lo puoi permettere», sono i primi sorrisini a circondarti e a farti i conti in tasca. Io butto un occhio sul mio saldo in banca ed effettivamente mi ritrovo a chiedermi… «Ma… me lo posso permettere?».
Non ho certo la disponibilità di un designer di fama mondiale come Stefan Sagmeister, o della figlia di Obama. Sono una madre e – mi hanno sempre detto (e l’ho sempre fatto) che dovrei pensare a risparmiare e a investire per il futuro. Ma da un po’ di tempo a questa parte (e non mi addentro nei perché), sto imparando a pensare giorno per giorno.
Preferisco vivere adesso.
Gustarmi le cose, non rimandarle.
Stare con il mio bambino e con gli altri. Vivere le persone, non rimpiangerle.
«Sei in vacanza, eh?»
«Beata te…come t’invidio».
«Un anno sabbatico, cos’è?»
«Non sei pagata?»
«Ci sto pensando anch’io…»
«Quindi…non lavori? Ma cosa fai?»
«I fatti miei» (penso sorridente tra me e me).
Sono un po’ in vacanza, sì, ma lavorerò quando mi va e perché mi va.
Avrò paure e sensi di colpa come sempre.
Però, sono scesa dal treno. Per cominciare un altro viaggio. Ancora non lo so. Sarà una scoperta. Per questo terrò un diario.
Anche per rispondere alle domande sopra.
Tra i miei propositi di una vita, c’è anche quello di «non dare peso a quello che gli altri dicono e pensano», farlo scivolare via. Non è facile in una piccola città come Ferrara. Ma ci proverò.
Il tempo non si può comprare. Ma si può investire nel tempo.
Quest’anno sarà un investimento su di me. Per me.
Se continuo a sacrificare una parte di me – come ho fatto per tanto tempo – avrò forse qualche risparmio in più sul conto corrente. Ma se riesco a sentirmi bene, avrò molto di più da dare agli altri. A partire da mio figlio.
Sì, me lo posso permettere.
Me lo voglio permettere.
Almeno non avrò il rammarico di non averci provato.
Una volta adulti, «siamo i soli responsabili delle scelte della nostra vita».
Ognuno è responsabile della propria “felicità”.