Inerzia – Merkel la fine di un’era.
Dopo sedici anni di governo – e di “merkelismo” planetario, l’Europa si riscopre più sola. Per oltre un decennio il freddo calore della Cancelliera tedesca si è preso cura di noi. Ci han rassicurato l’indubbio carisma, l’abilità politica. In parte ci han ripagato l’affetto e il rispetto, che la “Mutti” ha saputo creare intorno a sé. Siamo alla fine di un’era. Manca a tutti, anche agli avversari storici. Basti pensare alle attuali relazioni EU-Russia. Angela Merkel è sempre stata lì come qualcuno di famiglia su cui si può contare – anche per le punizioni. Una madre-scienziata pronta a sostenere la pressione, chiarire fenomeni, oltrepassare ogni tempesta.
“Wir schaffen das”.
È passato alla storia il “wir schaffen das” della crisi dei rifugiati, o le lunghe dirette, che molto più di un vaccino han sostenuto i cittadini durante i mesi bui della pandemia. La morte, le inefficienze non sono riconducibili a lei. Lei ha fatto tutto il possibile. Il sistema falliva, non Angela Merkel. Eppure, alla sua dipartita l’inerzia di un paese, la solidità di un continente, ci mettono di fronte a verità prima difficilmente interpretabili. E con tutta l’instabilità che esse implicano. La crisi energetica, i prezzi in esplosione, la difficile uscita dalla pandemia, guerre ai confini europei, ci rivelano un mondo crudele, violento. È come se per anni la decenza di una persona abbia significato anche la decenza di un mondo natole attorno. Ora che succede? Le sfide di Olaf Scholz, nuovo Cancelliere, e dei leader della coalizione Robert Habeck e Christian Lindner sono proibitive. Indipendenza energetica ed effetto serra, inflazione, commercio mondiale da rifondare, pandemia, debiti. Sfide che per molti aspetti li renderanno impopolari.
La stabilità se usata politicamente diviene inattività.
Il segreto di Angela Merkel è stato non solo nella capacità di leggere i propri tempi come nessuno, ma anche quello della stabilità: in un sistema tedesco e a vantaggio dei tedeschi. D’altronde sono quelli che l’hanno votata. L’Europa fallisce proprio in questo. Pretende che un leader votato democraticamente in un paese difenda la situazione di tutti i ventisei. È un paradosso, non è ragionevole, e tanto meno umano. La Germania ha ancora problemi infrastrutturali nei nuovi Länder, una rete digitale da modernizzare, il pubblico da digitalizzare, per non dire dei venti anni di ritardo nella chiusura delle centrali a carbone. È come se ad un certo momento i governi della cancelliera avessero realizzato – molto all’italiana, che più si realizza e più si diventa impopolari. A quel punto, per la durata la potere, ebbe molto più significato l’inattività, la gestione delle posizioni acquisite. La stabilità, se usata politicamente, diviene inattività.
Il mondo cambia però. Negli anni 2000 velocemente e inaspettatamente.
Dopo sedici anni d’accettazione di una crudeltà intrinseca a tutto ciò che è umano, che sempre esiste e mai si volge al meglio – ma non ci tocca, ora ci esplode in mano. Olaf Scholz ha giurato fedeltà alla Stato Tedesco assumendo la carica che Merkel ha tenuto saldamente e degnamente per così lungo tempo in una democrazia occidentale. Alla presenza del Bundestag, sempre lì, seppure in galleria e senza più alcun ruolo istituzionale, era Angela Merkel. Tranquilla come sempre, presente. Lì per porre fine ad una carriera storica e, un’ultima volta, a ricevere un gesto significativo dai rappresentanti del proprio popolo per averli protetti, la standing ovation.