CERCHI NEL GRANO

«Ecco, sono pronto. Posso cominciare?… Okay. Allora… vado. Mi chiamo Joshua Worthly, e sono… cioè, ero il vicino di casa dei McCullough. Non posso sapere con sicurezza perchè è successo. Ho soltanto una mia opinione, per quello che può valere. Ma visto che me l’avete chiesta, eccola qua.»

L’agricoltore si sistemò meglio sul divano. Il sudore provocato dai faretti già gli brillava lungo le rughe della fronte. Accovacciata sui talloni, di fianco all’operatore, la giornalista della BBC gli fece cenno di andare avanti.

«Dunque… Sì, insomma, il fatto è che qui, nel Suffolk, tutti siamo abituati da anni a questi cerchi che ci compaiono sui campi. Non che facciano gran danno, però andare a trebbiare con tutte queste spighe piegate è un po’ una seccatura, voi capite. Comunque, dicevo, ci siamo abituati. E quando ne compare uno nuovo, solitamente durante l’estate, non ci facciamo nemmeno più caso. Qualcuno ne ha anche creati dei finti, di proposito. Ho conosciuto uno, qualche tempo fa, un certo Bower, che ne aveva fatti girando con uno spago e un’assicella, tanto per prendere in giro la gente. Una testa matta, davvero. Però questi cerchi non sono cose su cui scherzarci sopra. Non dopo quello che è successo ai McCullough…”

Tossì un paio di volte, asciugandosi il sudore con un largo fazzoletto a scacchi.

«Diamine, queste luci sono davvero infernali… Allora, dov’ero rimasto? Be’, guardate, se devo essere sincero credo che la colpa sia stata di Abel e di Matthew. Erano i ragazzi più giovani dei McCullough. Non era la prima volta che lo facevano. Lo trovavano divertente. Solo che questa volta devono avere fatto le modifiche sbagliate.»

La giornalista non potè trattenersi dall’interromperlo: «Le modifiche?»

«Certo, le modifiche. Si aggiravano fra i cerchi e cambiavano i disegni con delle assicelle, piegando il grano, così.» Parlando, Worthly descrisse un semicerchio con un braccio. «Solo che non sapevano che quei disegni hanno un loro scopo ben preciso. Noi vecchi lo sappiamo, ma ormai chi ci ascolta? Meno male che ci siete voi della televisione, così qualcuno potrà darci retta, dico bene? Insomma, qui un tempo si facevano cose strane. Sì, intendo rituali, cerimonie, evocazioni… Parlo di tanto tempo fa. C’erano ancora i druidi. Faceva parte delle tradizioni celtiche. Ho letto qualche articolo, giù alla biblioteca, e poi anche mio nonno mi raccontava queste cose, quando ero ragazzino. Riti per la fecondità della terra, e robe del genere. Per farla breve, io non so assolutamente, e nessuno lo sa, chi o che cosa crei quei cerchi nel grano. Però sappiamo che servono a proteggerci. Sissignore, avete capito bene. Il fatto è che i nostri antenati avevano familiarità con demoni e divinità strane, e gli uni li proteggevano dagli altri, o viceversa, non lo so. Fatto sta che continuano a farlo ancora oggi. Lo fanno con quei simboli là fuori. Ogni tanto se ne formano dei nuovi, sempre più complicati. Per via delle nuove minacce che incombono sulle nostre famiglie, capisce? Ogni famiglia ha i suoi cerchi.»

La giornalista intervenne ancora: «Sicuro. Ma… le modifiche a cui accennava prima…?»

«Semplice. I cerchi sono simboli che impediscono a non so chi di entrare, ma basta cambiarli anche di poco per trasformarli in porte spalancate. Credo che i ragazzi abbiano avuto la sfortuna di aggiungere al disegno qualche linea sbagliata, già. E così si sono presi i McCullough, tutti e sette, pace all’anima loro. Non so perchè abbiano lasciato la pelle e le ossa. Forse a loro non piacciono…”

 

[Prima pubblicazione: Mystero, ago. 2000]