Chi sono io?

E tu come mi immagini? Vestita di nero e con la falce in mano?

Sarebbe troppo scontato se anch’io fossi così.

Io sono una trasformista, un’esperta nei travestimenti. Nemmeno nel prestigioso carnevale di Venezia si sono mai viste maschere eclettiche ed imprevedibili come le mie. Posso assumere forme diverse, posso colpire in luoghi diversi, posso lasciare sul mio cammino bolle, pianti, macchie e ferite. Posso togliere la parola, i respiri, posso colpire il cuore e la ragione, posso lasciare il mondo in apprensione. A volte colpisco lentamente e lentamente consumo. A volte con la furia di uno tsunami distruggo tutto in un attimo. A volte colpisco chi non dovrei, chi forse neanche io vorrei, ma anch’io a volte trovo la mia strada già scritta in un codice genetico. In questi casi inizio a colpire da subito.

Pensate che mi piaccia colpire così all’oscuro un essere in formazione?

In altre occasioni invece aggredisco in momenti inaspettati a volte all’improvviso, a volte insinuandomi lentamente come veleno a rilascio lento. In questo caso divoro piano piano le mie prede. Nell’universale collettivo io sono crudele, perfida e cieca. Io sono la postina del dolore, il bivio che conduce alle separazioni, un vento freddo in una giornata umida e nebbiosa. Sono una montagna pungente e gelata da scalare, una montagna per giganti in un popolo di nani.

Sono una rivoluzione e come tale sono violenta e sanguinaria, colpisco tacitamente per poi generare improvvise voragini nelle vite di chi colpisco. Sono la guerra che si insinua tra le persone, ho armi versatili che so maneggiare con destrezza.

Qualcuno può vincermi a volte.

Ma cosa ancora più sbalorditiva qualcuno a volte può restare in mia presenza.

E chi resta generalmente lo fa senza volere niente in cambio.

Strano vero?

Qualcuno che resta senza chiedere compensi, senza volere riconoscimenti né consensi.

Sono lo spartiacque tra il dire e il fare, tra l’indifferenza e un abbraccio tra la fuga ed il restare, tra una carezza ed uno sguardo di ghiaccio.

Io vi guardo. Guardo voi che mi detestare, che mi disprezzate, che mi giudicate.

Vi guardo trovare mille impegni per allontanarvi da chi ho colpito.

Chi tra di voi scappa non è migliore di me che attacco. Io sono una prova, una sfida e anche se mi odierete per queste parole a volte sono anche l’opportunità di vedere le cose in modo differente a volte sono anche un modo per dare le giuste priorità.

Sono in grado di scardinare difese, di sopportare le offese, non ammetto rese.

Guardo. Guardo quelle mani che restano a stringere le mani di chi ho colpito.

Guardo. Guardo i sorrisi veri quelli spuntati dopo un pianto trattenuto.

Sorrisi che illuminano visi segnati dalla fatica e dal dolore.

Tutta la mia tumultuosa forza è niente rispetto a quelle mani e a quei sorrisi.

Quei tocchi dolci e forti quei sorrisi tristi capaci di regalare serenità esprimono chiaramente che l’amore può tutto e che è tutto ed il contrario di tutto.

E laddove io porto distruzione quel sentimento caparbio e più trasformista di me è l’unico in grado di restarmi accanto, di sfidarmi, di sopravvivere anche quando io rubo la vita.

Hai capito vero chi sono io?

(Anna Cervellati)