Mentre dormi
di Daniele Modica
lenta plumbea
sia la vita
feroce notte
tra le falene fameliche
di luce
nelle scalinate
che salgo - senza te -
[mai sceso o salito scale dandoti il braccio]
vita selvaggia e storna
che selvaggia dirompi
nel sentore dei pini
i rami oscillanti
trabuccolano fuori vita
che non si sapeva.
Vorrei che raggi non rigassero nubi domani
che notte fosse
ancora notte
impigliati nel giorno
e nell'infamante sua pacatezza
pensieri d'efficienza
(e quindi di robotica schiavitù)
che si sfilacciano
nelle atmosfere eleusine
della stanza
la notte che avanza
a poco a poco
passo dopo passo
attendendo il sonno
in cui tu giaci
oramai
mentre io SuSSuRRo
c o m e n e b b i a c h e S v a p o r a
nell'aria senza tempo tinta:
<Tutto se ne va, non sai
piccina?
Tutto se ne va>.
E da lì – dal pensiero -
via come un treno:
tranelli sinistri
di sinistri scricchiolii:
il legno
e le segrete oscure creature
negli intercapedini
del sano sonno altrui
e delle altrui impazienti veglie.
Suoni dal Profondo
grumi d'anime antiche
latenti
ciacolano
Ma i cani l'hanno sempre saputo
loro che con lenti rimbombanti
latrati
ora turbano le notti
frustando campi foschi
sconosciuti
e quindi inesistenti
è il declino che mi attanaglia.
Nelle rutilanti verità notturne
c'è la vita
vita spoglia del fasciame
di mascherate dismesse
anacronistica notte post-postmoderna
acquartierata sulla frontiera
celi ancora negli asfalti
i sentori del
bosco
(a cui tutto appartiene e deve tornare)
e dell'erba bagnata
e della terra
(voci)
che un tempo c'era
e le
cortecce
(voci)
E allora
fra tutte le deliranti ipotesi di vita
di vero non rimane che l'istante
mi giro verso te
calda dormiente
(tra le strida violente
dei venti)
e incosciente
non vedendo vedi
oltre il crinale abbacinato dell'alba
che notte ancora notte sarà
come
un mattino d'inverno
chiedemmo
a Dio.