La ‘poesia della luce’ di Rita Montanari

Rita Montanari, Viaggio a ritroso. Poesie 1988-2016, Al.Ce., 2016

Recensione di Eleonora Rossi

Nel buio cedo l’anima alla notte

senza voci. Mai viste tante stelle,

una risplende più dell’altra:

c’è un’aria di spumante e pare

volere stappare la terra

oscura e accenderla di luce1.

Quella di Rita Montanari è poesia della luce.

Luce che inonda la «terra / oscura», luce che viene servita «sul vassoio di cristallo2».

Poesia di respiro, di indagine, di contemplazione, di malinconia, di forza ritrovata, di addomesticato dolore.

L’universo nonostante tutto resta un grembo materno per accogliere sofferenze e paure: il lato oscuro dell’esistenza, lì dove si annidano i silenzi impenetrabili che solo la parola può scucire. Anche quando il cielo può anche apparire «finito», irrimediabilmente «perduto3», la parola di Rita possiede l’arte, tutta femminile, di rammendare gli strappi e le ferite, di tessere e disfare la tela. Di non lasciarsi andare. Mai.

Una colonia di fenicotteri

attraversa il cielo d’autunno

tinge le nubi di rosso e di rosa.

Così la poesia colora le nostre vite4.

Illuminando un cielo d’autunno – la stagione che muore – quel volo scandaglia tutta la benevolenza dell’infinito.

Infinito che si dispiega come un bianco rifugio – tra lenzuola, guanciali, confortevoli cuscini: «Il vento arrotola il lenzuolo / di neve»; «Tu appoggi la testa sul suo cuscino / tace il rumore delle voci / sotto il soffitto delle stelle5». «Sui cuscini del sogno / c’è posto a sedere / per tutti i nostri Màni6». «Le parole s’appoggiano sfinite / sul cuscino del buio / a cercare riposo nel silenzio7». «Sarà il tuo cuscino di rose / per tutta la vita8».

E pure un foglio bianco si dona come «lenzuolo immacolato9».

Con A ritroso, Rita Montanari ci affida molto più di un libro: in queste pagine la poetessa ricompone i tasselli di quel mosaico di parole che è la sua vita stessa.

Come l’autrice scrive in una nota introduttiva, «la silloge racchiude il desiderio di rivisitare – attraverso le parole della poesia – il tempo vissuto. I momenti di gioia e di dolore, speranze e memorie che hanno abitato la mia vita, sono presenti nei versi delle raccolte qui rieditate, oltre che nei testi inediti in apertura del volume».

«La parola è sempre stata la mia àncora di salvezza, che mi ha consentito – anche dopo il silenzio scelto da mio fratello Daniele – di affrontare la luce del sole, la realtà e i rapporti con gli altri. In una parola, la vita».

L’autrice ha riunito tra i componimenti gli affetti e le persone che hanno lasciato un segno nel suo vivere, da don Franco Patruno – autore dell’immagine di copertina – al fratello, alla madre, al marito, ai figli, per arrivare infine a «Sofia, Agata, Emma e Leonardo che illuminano la mia vita».

Viaggio di ritorno, La coda dello scoiattolo, Ramidivetro: ogni silloge è la tappa, il punto di arrivo di un viaggio in treno che a tratti sembra correre troppo veloce, ma poi sembra destinato, di colpo, ad arrestarsi:

Il treno fermo all’improvviso

ti sveglia sul binario cieco.

Tenti a fatica di leggere l’ora

sul quadrante senza luce.

Non l’hai caricato, pazienza.

Cammini incerto nel treno

indietro e in avanti a cercare

l’ora sicura o forse l’uscita.

Rimbomba nell’aria una voce,

non sai se davvero o nel sogno

confuso tra tante fermate.

In nessun angolo un’anima viva.

Era il tuo treno, te n’eri scordato.

Nella livida luce dell’alba

ti aspetta là sotto il lampione,

da solo con il tuo bagaglio,

il capostazione10.

In questo componimento vi è la raffigurazione metafisica del tempo, delle occasioni perdute, dell’altrove che ci aspetta, dell’inquietudine umana che cerca incessantemente «l’ora sicura o forse l’uscita». La regolarità del verso sembra quasi placare quell’interrogarsi irrequieto, tracciando un ordine di calma almeno apparente. Perché la voce poetica oggi è spaesata, frastornata, in ascolto del «brusio / implacabile dei ricordi», che «volano improvvisi / dall’una all’altra cima del passato. / Come bambagia cardata dal vento / o l’ultimo battito d’ali / di una farfalla senza meta11».

C’è una melodia dolcemente triste in versi come questi, che descrivono un «ultimo battito d’ali».

E la parola ultimo sprigiona rimpianto e amore viscerale per tutto quello che non potrà essere più.

Chi scrive si trova a fare i conti con una valigia «ormai purtroppo semivuota12».

Il giallo delle piante a fine estate

si lascia rapire nell’ombra

e va a perdersi nello sguardo

smarrito dell’ora sfumata.

Così ogni giornata della vita

scivolata fuori dalla valigia

ormai purtroppo semivuota13.

«Abbiamo attraversato l’infanzia nell’immaginare la realtà di c’era una volta. Ora ci perdiamo a risfogliare le pagine del tempo che c’era una volta. A ritroso», scrive la poetessa in quarta di copertina. E se è forte il senso di struggimento e di nostalgia, il viaggio è al tempo stesso riscoperta delle aurore, delle stelle, del vento, dell’anelito del Tutto. «S’ha da dire che il discorso poetico di Rita Montanari non si sofferma mai sull’oggetto, sulla cosa, sulla realtà – ha osservato Giorgio Bàrberi Squarotti -: essi sono sempre e soltanto il punto di partenza e l’occasione per andare oltre e spiegarle ed esprimerle come strumenti per arrivare a significare la sublimità dell’opera divina, nella sua azione originaria, e la capacità più alta dell’uomo di capire, di contemplare, di definire il suo dono della mente e dell’anima». Un viaggio nei paesaggi interiori che respirano una fede che ora splende assoluta come il sole, ora si fa ‘barlume che vacilla’, pur nella convinzione di un Dio che può celarsi e mostrarsi solo a un passo dal baratro: «Sull’orlo t’ intravvedo, / mio Dio».

Ma non mancano le incursioni dall’infinito, tracce pacificanti lasciate, ancora, sul cuscino: «Sul cuscino / un’ala di farfalla / una piuma scordata / un petalo volato / dimenticato a bella posta14».

E se il giorno gocciola, perde linfa vitale, la notte si riempie di vita, di luce segreta.

La notte. Compagna discreta

dell’anima che s’abbandona15.

Il silenzio si stempera ora

nei profumi silenti delle stelle.

I pieni e i vuoti della vita sembrano compensarsi, in fragile equilibrio, descritto da un’immagine che assurge a emblema: la clessidra.

Capovolgo la clessidra:

il mare nel cielo

la sera nel mattino

l’oggi nel ricordo

la memoria nell’ora16.

Dove conduce infine questo Viaggio a ritroso?

Più che a una meta, ci porta a incontrare la poetessa, e insieme a lei le voci e gli occhi che si specchiano nel suo sguardo poetico. Ma chi è Rita Montanari, la donna, la madre, la sorella, la scrittrice? Ci sono alcuni versi ne La coda dello scoiattolo, che a ogni rilettura mi incantano e mi strappano un sorriso: ritrovo Rita, lì, senza età, con la sua «anima monella», che «i sogni semina per strada», in un componimento nel quale non c’è una sillaba di troppo. Perfetto e leggiadro al punto che – a mio parere – potrebbe essere il ‘manifesto’ della sua poesia; o, più semplicemente, la fotografia del suo sentire più vero.

È tutta sua la colpa.

Quell’anima monella

che è croce insieme e festa

e sempre si aspetta che cosa,

o salta nell’acqua piovana

e sguazza annegata nei buchi

che rubano un pezzo di cielo.

O soffia nel vento a scostare

le nubi abbracciate tra loro

e vola in mezzo alla nebbia

cercando gli scriccioli a stormo.

Si accende nei gialli d’autunno

e asciuga il loro singhiozzo

nell’eco dell’aria di marzo.

E i sogni semina per strada17.

(Recensione pubblicata su l’Ippogrifo di dicembre 2019)

1R. Montanari, Viaggio a ritroso. Poesie 1988-2016, Al.Ce., Ferrara, 2016, p. 37

2Ivi, p. 38

3Ivi, p. 43

4Ivi, p. 50

5Ivi, p. 30

6Ivi, p. 86

7Ivi, p. 42

8Ivi, p. 21

9Ivi, p. 41

10Ivi, p. 98

11Ivi, p. 23

12Ivi, p. 46

13Ibidem

14Ivi, p. 86

15Ivi, p. 42

16Ivi, p. 28

17Ivi, p. 113