Al Pac le foto vanno oltre i confini

Tania Droghetti

Uno dei temi centrali della 62esima edizione del World Press Photo, il più grande e più
prestigioso concorso di fotogiornalismo mondiale, è quello dei “confini”: dove e come
metterli, dove e come varcarli, cosa succede prima e dopo averli superati. Ma ognuno,
visitando la mostra che raccoglie le foto premiate nelle otto categorie in cui si suddivide il
contest e che resterà aperta al Pac, il Padiglione di Arte Contemporanea, fino al 3
novembre, può scegliersi il suo tema, soffermandosi su una foto in particolare, notando in
questa dettagli diversi, storie diverse, portandosi a casa un suo percorso, una sua
classifica personale che magari non coincide con quella della giuria. Nel 2019 al WPP
sono arrivate 78mila foto, tutte in forma anonima, per impedire che chi deve scegliere i
vincitori sia influenzato da un nome più famoso di un altro. Alla fine la foto vincitrice
dell’anno è risultata quella di John Moore, che comunque collabora con Getty Images e
che ha già vinto diversi premi fra cui un Pulitzer. Nell’immagine (foto), scattata nel giugno 2018 a
McAllen in Texas, la piccola Yanela Sanchez piange disperata mentre sua madre, Sandra
Sanchez, viene perquisita da un poliziotto di frontiera. Madre e figlia vengono
dall’Honduras e hanno viaggiato un mese in condizioni più che precarie per poter arrivare
negli Stati Uniti e chiedere asilo ma la politica di “tolleranza zero” verso l’immigrazione
clandestina portata avanti dal presidente Donald Trump prevede che nessuno entri e che
chi ci prova venga arrestato e separato dai figli. La foto di Yanela in lacrime davanti alla
mamma fa il giro del mondo e non solo, fa un giro nelle coscienze di tutti quelli che la
guardano e suscita una vera e propria protesta contro il governo americano che il 20
giugno 2018 sospende l’applicazione della nuova norma. Il potere di un’immagine sta
tutto in questa storia, nelle lacrime di Yanela, nel suo maglione rosso, identico a quello di
tanti altri bambini che però sono nati dalla parte giusta del “confine” e non devono
scappare o separarsi dai genitori.
E prima del confine c’è il “viaggio”, un altro tema che da sempre accompagna il WPP; il
reportage di Pieter Ten Hoopen ha vinto come storia dell’anno: nelle sue immagini ci sono
migliaia di migranti che, come hanno fatto Yanela e Sandra, dal Centro America partono
per raggiungere gli Stati Uniti, a piedi, in camion, in autobus, e questa gigantesca
carovana si trasforma in un’unica famiglia che lungo il percorso si ferma a fare il bagno al
fiume, a raccogliere fiori, a riposare, scene di vita quasi normale, “storie d’amore” come le
ha chiamate l’autore.
La mostra è divisa su due livelli: al piano terra ci sono le immagini più legate all’attualità,
alcune particolarmente crude e crudeli, mostrano vittime di regimi dittatoriali, di guerre, di
bombardamenti, di armi chimiche, di povertà e fame, è difficile guardarle e raccontarle
perché ti mostrano senza censure cosa succede oltre quel famoso “confine”. Altre sono
meno violente ma non per questo meno dirette come quelle di Marco Gualazzini, che ha
scattato una serie di immagini in Ciad, un paese teatro da tempo di una crisi umanitaria
perfettamente rappresentata dalla foto di un bambino davanti a un muro dove non sono
disegnati palloncini, animali o altri colorati murales ma lanciagranate, perché è con questi
che quei bimbi convivono ogni giorno.
Ci sono poi immagini che raccontano la mancanza, l’assenza legata alla scomparsa delle
persone, come quelle del reportage di Yael Martinez su quello che sta succedendo in
Messico, dove di 37mila persone non si sa più nulla, non sono più tornate nelle loro case,
probabilmente uccise a causa delle lotte tra i vari cartelli della droga e allora restano solo
stanze e sedie vuote, dove prima c’era qualcuno ora ci sono solo ricordi e fantasmi.
Nell’attualità ci sono anche alcune good news che permettono a chi visita la mostra di
respirare un po’, di sorridere anche se sempre a denti stretti: Catalina Martin – Chico

racconta nelle sue foto il ritorno a una vita normale, fatta di gravidanze, bambini e famiglia,
delle ex combattenti delle FARC, Forze Armate Rivoluzionarie della Colombia.
Salendo le scale e arrivando al primo piano si incontrano altre categorie, come la Natura,
dove a vincere (e come detto si può anche, come nel caso della sottoscritta, non essere
d’accordo sul primo premio) sono delle povere rane a cui vengono brutalmente mozzate le
zampe, ma dove da padrone la fanno delle bellissime immagini di puma (di Ingo Arndt) e
di fenicotteri rosa (di Jasper Doest), come Bob, ormai diventato la mascotte della mostra.
Si parla di Ambiente, di Sport, di Ritratti, di Storie di Attualità e ognuno poi vede nelle foto
un suo filo conduttore, il mio personale è quello delle donne che trovano sempre un modo
per riscattarsi, per riprendersi i loro diritti, le loro vite, le loro vere identità, il futuro,
l’ambiente che le circonda, dall’Iran all’Africa, da Cuba agli Stati Uniti.
La mostra si chiude con due reportage, il primo è di Bénédicte Kurzen e Sanne de Wilde,
ha vinto il primo premio per la categoria Ritratti ed è dedicato ai gemelli. Come si legge
nella presentazione delle immagini: in Nigeria si registra una delle più alte percentuali di
gemelli al mondo, in particolare nella tribù degli Yoruba, che vivono a Igbo – Ora. Le autrici
hanno voluto raccontare, attraverso anche l’utilizzo di filtri e colori diversi, la dualità sia dei
gemelli sia degli atteggiamenti nei loro confronti, in passato erano infatti visti come
portatori di sventura, oggi invece l’esatto contrario.
Il primo premio nella categoria Progetti a lungo termine è andato a Sarah Blesener che ha
visitato dieci programmi militari per giovani negli Stati Uniti e diverse scuole e campi estivi
con lo stesso scopo in Russia. Nelle foto gli allievi di entrambi i paesi imparano ad usare le
armi, le maschere anti gas, a perquisire le case, in sintesi a fare la guerra per difendere la
patria. L’obiettivo dichiarato del progetto è poter aprire un dialogo intorno alle idee instillate
nelle generazioni future ed esaminare come i giovani stanno rispondendo alla società
contemporanea. I giovani che stanno dalla parte giusta (lo sarà davvero?) del “confine”.
Tutte le informazioni sulla mostra, organizzata dalla World Press Photo Foundation di
Amsterdam in collaborazione 10b Photography, si possono trovare sulla pagina Facebook
World Press Photo Exhibition Ferrara, dove è anche possibile prenotare una visita guidata
curata da Rossella Ibba.