A Internazionale anche tre ‘Leftover Women’

Tania Droghetti

La tredicesima edizione del Festival di Internazionale ha portato a Ferrara migliaia di persone e molti temi strettamente attuali: il cambiamento climatico, i migranti, l’avanzare dei nazionalismi in Europa, le politiche degli Stati Uniti, i diritti umani e la libertà di informazione ancora calpestati in molti paesi dell’Africa, del Sud America e del Medio Oriente, le sempre più nuove tecnologie e le sempre più vecchie ma ancora irrisolte discriminazioni nei confronti dell’altro.

Dal 4 al 6 ottobre Ferrara ha ospitato incontri, dibattiti, workshop, mostre, presentazioni di libri e di documentari, tra questi Leftover Women, delle registe israeliane Shosh Shlam e Hilla Medalia, è dedicato proprio al tema della discriminazione nei confronti delle donne. Uscito ad aprile 2019 racconta la storia di tre ragazze cinesi che avendo superato i 25 anni e non essendosi ancora sposate vengono considerate leftover women ovvero ‘donne avanzate’. Qiu HauMei, Xu Min e Gai Qi hanno dato priorità allo studio e alla carriera e ora si ritrovano a subire enormi pressioni dalla società e dalle famiglie perché si sposino e abbiano dei figli. La prima è un avvocato di 34 anni, la seconda una speaker radiofonica di 28 e la terza una docente universitaria di 36. Il documentario segue tutte e tre per diverso tempo, durante la ricerca, che a volte diventa davvero disperata, di un marito.

Difficile immaginarsi che, oltre alle classiche agenzie matrimoniali, gestite da altre donne davvero poco solidali, uno dei metodi più utilizzati in Cina per sposarsi sia il ‘mercato matrimoniale dei genitori’ dove madri e padri espongono come merce gli annunci con i dati che riguardano i figli ancora single: età, lavoro, provenienza della famiglia, proprietà di una casa, residenza (abitare a Pechino rende molto ‘appetibili’), altezza e peso, ecc., chi è interessato lascia ai genitori i suoi dati e i contatti per fissare un eventuale appuntamento. Se non funzionano questi metodi si può partecipare agli appuntamenti al buio organizzati ogni anno dalle autorità, una specie di ‘Gioco delle coppie’ con centinaia di pretendenti donne che, se vengono scelte, vincono un gigantesco peluche e forse un possibile marito.

La speaker radiofonica Xu Min, nel corso del documentario, non trova nessun fidanzato che vada bene alla madre ma riesce almeno a trovare il coraggio di dire a quest’ultima che deve smetterla di intromettersi nelle sue scelte.

La docente universitaria Gai Qi è l’unica che si sposa, con un ragazzo più giovane di lei e da cui avrà anche un figlio, eppure la sua non è una storia totalmente a lieto fine perché è lei stessa a raccontare ai suoi nuovi studenti dell’Università di Canton: <La mia vita di prima era più interessante, oggi, da moglie e madre, è più noiosa ma felice e piena di bellezza, sono scesa a compromessi, ho accettato di avere un bambino e così mio marito mi ha seguito a Canton per il mio nuovo lavoro all’Università> e più delle sue parole possono le sue espressioni il giorno del matrimonio o durante le cene in famiglia o le passeggiate con il marito, mai completamente sorridente, sempre con lo sguardo rivolto altrove.

La più coraggiosa delle tre è Qiu XauMei, la cui storia apre e chiude il documentario: in un’agenzia matrimoniale si sente dire che è vecchia e non troppo bella, che non può avere grandi pretese sull’uomo che cerca e che, per trovarne uno, deve essere disposta a fare dei figli; si presenta a innumerevoli appuntamenti trovati con internet, frequenta il mercato dei genitori e una madre la respinge spiegando che, essendo lei avvocato, in caso di separazione dal figlio lei gli creerebbe troppi problemi. Qiu XauMei discute continuamente con i genitori e le quattro sorelle, tutte sposate e con figli, e alla fine è lei a riassumere il messaggio dell’intero documentario ricordando l’antica pratica cinese di indossare scarpe piccole per mantenere il piede piccolo: <Io ho piedi e cuore grandi e non voglio mettere scarpe piccole, mi piacciono le scarpe comode per poter correre, amo correre. In questa società mi sento sempre sotto pressione, sicura ma non protetta, io non sono un avanzo di donna e voglio essere felice>. E per farlo deciderà di andarsene dalla Cina, di lasciare la sua famiglia (il padre analfabeta poco prima della partenza le confesserà di essere comunque orgoglioso di lei) per realizzarsi fino in fondo dall’altra parte del mondo.

Il documentario fotografa una società che guarda al futuro più tecnologico restando però saldamente legata a un passato in cui le donne non potevano aspirare ad essere come gli uomini; oggi sono libere ma solo fino a un certo punto, felici ma solo fino a un certo punto, fino a quando la vita che hanno scelto, i loro sogni e i loro desideri non si scontrano con quello che vuole il mondo che le circonda.

Leftover women ha partecipato al Tribeca Film Festival di New York e adesso, grazie alla rassegna Mondovisioni curata da CineAgenzia in collaborazione con Internazionale, verrà riproposto, insieme agli altri presenti al Festival, in un tour che toccherà molte città italiane, per sapere quali si può consultare il sito www.cineagenzia.it