LA MEDIUM

Il quadretto era chiaro, all’apparenza inequivocabile.

Marco Raniero se ne stava immobile, compunto e silenzioso, le braccia poggiate con discrezione sopra il lucido tavolino rotondo. Seduta di fronte a lui, una signora dall’età indefinibile aveva assunto una postura altrettanto statuaria. I suoi respiri erano lunghi, profondissimi, e imprimevano delicate movenze alla veletta nera che le ricadeva davanti al volto.

Le uniche fonti luminose erano quattro candele accese agli angoli della stanza; i riflessi ambrati delle fiammelle occhieggiavano sonnolente oltre la superficie del tavolino, al centro del quale giaceva una fotografia. Era l’immagine di una donna. Il volto sorridente della signora Raniero. E la medium velata era pronta a mettersi in contatto con lei.

Dal momento in cui era stato fatto accomodare, Marco non aveva distolto gli occhi dalla sua compiacente, manierosissima ospite. Voleva memorizzare ogni dettaglio, ricordare ogni sfumatura. C’era stato un momento in cui quasi era scoppiato a ridere, ma era riuscito a camuffare le proprie emozioni sotto un tossicchiante piagnucolio imbarazzato, appropriato alla sua dichiarata condizione di fresca vedovanza. Intanto quella cara signora, in arte Madame Zaira, già gli aveva scucito un bigliettone da cinquanta euro (che il giornale gli avrebbe rimborsato, naturalmente) solo per l’appuntamento; e altri soldi gli avrebbe chiesto per continuare a comunicare con la moglie defunta, in caso fosse rimasto soddisfatto… E soddisfatto lo sarebbe rimasto senz’altro, di questo era sicuro.

L’attesa in quelle condizioni si protrasse per una decina di minuti, tempo che la medium spese a sospirare e a ciondolare il capo, annuendo a chissà quali visioni interiori.

Poi, d’improvviso, la donna si esibì in un violento scatto del busto e dell’avambraccio. Sollevò la mano destra, quindi richiuse il pugno come per catturare una mosca molesta. Quando tornò ad acquietarsi, un rantolo soddisfatto le sfuggì dalle labbra raggrinzite ricoperte da un rossetto pacchiano.

Ma vergognati, ciarlatana!, pensò con stizza Marco.

Madame Zaira a quel punto parlò, alterando la propria voce in maniera impressionante:

«Marco… Marco… Perché hai permesso… questo

Raniero si ritrovò la bocca improvvisamente asciutta. In verità aveva programmato di trattenersi più a lungo, in modo che la pagliacciata si prolungasse e gli fornisse ampio materiale per l’articolo al vetriolo che aveva in serbo contro maghi, sensitivi e compagnia bella. Ma la sua disposizione d’animo mutò nell’udire la voce di Luisa – o perlomeno un’encomiabile imitazione – uscire da quella bocca avvizzita.

Si alzò in piedi, riprese la fotografia, e con voce non troppo ferma presentò i suoi saluti alla spiritista:

«Questo mi basta, signora. Lei è davvero una professionista. Della truffa. Le farò avere un copia del giornale per cui lavoro. Non si preoccupi, non metterò il suo nome. Le iniziali saranno sufficienti.»

Madame Zaira si riscosse, tossendo. Puntò gli occhi verso l’uomo, che ora aveva raggiunto la porta. Ma non disse una sola parola.

«Non si scomodi, conosco la strada. Ah, dimenticavo: mia moglie non ha mai avuto alcun incidente. È viva e vegeta, ringraziando il cielo. Complimenti per le sue capacità medianiche!» E mimando con le dita un bel paio di scaramantiche corna, Marco uscì richiudendo con garbo affettato la porta.

Rimasta sola, la donna sollevò sconsolata la veletta. Si guardò le mani ossute. Le falangi si produssero in un sonoro crepitio, mentre il pugno chiuso tornava a distendersi. Il palmo sembrava sporco di sangue.

Fissò la porta chiusa, bofonchiando tra sé:

«Viva e vegeta… Sicuro, caro signor Raniero. Sicuro. Fino a qualche minuto fa, almeno.»

 

Non aveva ricevuto la chiamata della domestica per il semplice fatto di aver tenuto spento il cellulare. Ma quando davanti a casa vide parcheggiata l’ambulanza, a Marco parve che la strada si facesse colla sotto i suoi piedi.

«Luisa!…» gridò, precipitandosi all’interno, e quasi si scontrò con i portantini.

Sua moglie era distesa su una barella, completamente nascosta sotto un lenzuolo. Stava uscendo per l’ultima volta da quella casa.

 

Un’ora più tardi, al Policlinico, fu il primario di cardiologia, il professor Festino, a chiamarlo in disparte nel suo ambulatorio. Le rughe sulla sua fronte erano profonde, e anche la sua voce apparve rugosa, e stanca.

«Signor Raniero, non so davvero che pensare… Un arresto cardiaco, improvviso, a 35 anni… Abbiamo eseguito delle radiografie, e a quanto pare il cuore è ridotto in condizioni disastrose. Mai vista una cosa simile. Sembra quasi sia stato, come dire… stretto in un pugno, e stritolato.»

[Prima pubblicazione: Mystero, feb.2002]