Roberto Mercadini, Storia perfetta dell’errore

Consigli di lettura

Storia perfetta dell’errore

di Roberto Mercadini (Rizzoli).

 

Recensione di Nicoletta Zucchini

Storia perfetta dell’errore (ed.Rizzoli 2018) è il primo romanzo di Roberto Mercadini, in genere si dovrebbe dire romanzo d’esordio, ma proprio non mi viene di scriverlo, perché ritengo che il suo primo romanzo abbia iniziato a comporlo molto prima, portando in giro per la Romagna ed il resto d’Italia, i suoi spettacoli di narrazione e monologhi poetici, infatti la sua agenda teatrale prevede almeno 150 date all’anno. Non c’è dubbio che le sue performance a diretto contatto con l’uditorio abbiano contribuito a renderlo puntigliosamente attento nell’uso di un linguaggio chiaro e diretto, mostrandosi professionista della comunicazione come della scienza.

Mercadini possiede l’arte di trasformare in avventura meravigliosa la conoscenza scientifica, come solo chi l’ha interiorizzata davvero, può fare. Si deve anche dire che nel narrare è un visionario e un poeta, come solo i romagnoli sanno essere, con grazia e forza. Mercadini sa mettere in scena una storia inverosimile creando relazioni insolite ed affascinanti fra aspetti diversi e distanti della scienza e di altre arti come la letteratura ed il cinema, solo per fare un esempio. Sa trasformare una conflittuale storia d’amore in cornice generativa di acrobatiche performance narrative, dove le protagoniste sono scienza, arte, sacre scritture, cinema, archeologia, antropologia, kendo e molto altro. L’autore ci racconta di un amore impossibile fra Pietro Zangheri e Selene. Lui, paleoantropologo, laureato all’università di Ferrara con il massimo dei voti ed il minimo di tempo, pignolo, non sopporta l’errore, occhi chiari, sguardo calmo, gesti pacati, di poche parole, è fermamente deciso a superare l’esame più difficile al mondo: l’esame per diventare ottavo dan di kendo. Lei, forte, volitiva, orgogliosa, dice una cosa e ne fa un’altra, per vivere fa la traduttrice. Si sa, tradurre, per definizione è tradire. Selene cerca di tradurre la vita in un’esistenza accettabile, ma viene inesorabilmente, inspiegabilmente tradita da una malattia rara, si vede costretta ad allontanarsi per paura che Pietro non accetti la sua imperfezione, la sua vita sbagliata. Come veniamo a conoscenza della paradossale storia d’amore fra Pietro e Selene? Il testimone e narratore è Widmer Buda, detto il Buddha, che “non si era guadagnato quel soprannome per motivi spirituali”, ma per la stazza del suo fisico imponente. Buddha, oltre alla buona tavola, ha altre passioni originali, come quella per i film di fantascienza degli anni 80, di cui si pregia di citare con rigore puntiglioso, prima autore e sceneggiatore, e solo dopo il regista. «I veri autori del film sono il soggettista e lo sceneggiatore: sono loro che infondono l’anima alla storia.» sono le parole di Buddha a Pietro, che gli è divenuto amico. Senza accorgercene siamo di fronte ad un colpo di scena magistrale. Se Alfred Hitchcock si ritagliava un cammeo all’interno del film, Mercadini si trasforma, addirittura, in un personaggio della storia divenendo Buddha. Allora succede un’inversione spettacolare all’interno della narrazione: non è l’autore, non è Roberto a scegliere il personaggio, ma è il personaggio stesso, Pietro Zangheri a scegliere il suo autore.

Siamo in presenza di una raffinata invenzione narratologica che permette al romanzo di dipanarsi ora in prima persona, ora in terza, ora di immedesimarci nelle buffe disavventure di Pietro e nella scrittura delle sue lettere a Selene, ora di avere uno sguardo più obiettivo quando snocciola racconti su racconti, ma sempre da punti di vista inattesi. Storia perfetta dell’errore è un romanzo scrigno che contiene storie dentro storie, fino all’epilogo con un felice trepido crescendo in cui tutti siamo invitati a guardare la protagonista mentre avanza verso di noi nel suo cappotto rosso. Roberto Mercadini è “un animale da teatro”, mi pare si dica così, la sua scrittura c’è lo dimostra ampiamente, ma ci dimostra anche che è un profondo conoscitore dell’arte del narrare, perché riesce a costruire un romanzo nuovo stravolgendo gli schemi e nello stesso tempo a rispettare gli elementi strutturali della fabula narrativa. Nella Storia perfetta dell’errore abbiamo la figura dell’eroe, Pietro Zangheri che ama la precisione e l’ordine, e mettersi alla prova con imprese impossibili. La protagonista, Selene, dai neri occhi di fuoco s’accende e divampa in modo imprevedibile, soffre di una malattia rara lo I.E.D. (disturbo esplosivo intermittente). L’allontanamento: la protagonista a causa della sua malattia si vede costretta ad allontanarsi. La prova da superare: Pietro decide di scrivere a Selene finchè riuscirà a trovare l’errore che la farà tornare, si, perché accettare di inserire un errore in una delle sue lettere, per Pietro costituisce una prova insuperabile, peggio dell’esame per l’ottavo dan di kendo. Il testimone: Buddha ha diverse passioni, fra cui i film di fantascienza (di cui, abbiamo già detto ama citare autori e sceneggiatori, rigorosamente prima del regista) e la buona tavola. È amico di Pietro e Selene. La magia: la magia in verità è l’errore inserito da Pietro in una delle sue lettere a Selene per farla tornare.

«Se occorreva un errore per farla rispondere avrebbe commesso un errore. Ancora più mastodontico e ridicolo del primo…In tutte le lettere precedenti Pietro ha costruito una struttura esatta per cantare l’errore, un prisma adamantino di storie sugli sbagli, una storia perfetta dell’errore. Non ha funzionato. Adesso le dimostra che è disposto a gettare via il prisma della perfezione e a ridurlo in frantumi…La perfezione non è più lui. È un qualcosa di più piccolo e più debole, qualcosa a cui non essere troppo attaccato. Un luogo da cui occorre saper uscire. Uno strumento a cui si deve saper rinunciare…»

Ma allora secoli di civiltà in cui abbiamo inseguito la perfezione? Ma che perfezione possiamo costruire senza accettare che possiamo sbagliare, che non siamo perfetti, che non esiste vera conoscenza senza l’esperienza dell’errore. Solo l’esperienza dell’errore ci fa prendere coscienza di quanto siamo umani e non dèi eterni. Storia perfetta dell’errore non è un invito a sbagliare deliberatamente, ma un invito a guardare la Scienza e la Storia naturale ed anche quella umana con occhio nuovo, nuovamente consapevoli che anche l’intera Storia dell’Evoluzione per essere evoluzione creatrice del nuovo, ha dovuto e saputo far tesoro dell’errore.