Un tempo per la disconnessione

Ho ripreso tra le mani Anna Karenina, di Tolstoj: due tomi sbiaditi di una cara edizione Garzanti del 1979, copertina olivastra incorniciata d’avorio.

«Tutte le famiglie felici sono simili tra loro, ogni famiglia è infelice a modo suo»: è l’incipit a catturarmi da subito; poi, pagina dopo pagina, sono come sedotta da un mondo altro, da atmosfere rarefatte, lontanissime da me eppure raffinate, autentiche, fedeli alla verità dell’inquietudine umana. Non a caso Dostoevskij osservò: «Anna Karenina è perfetta come opera d’arte. Una colossale indagine psicologica dell’anima umana, con una terribile profondità e forza».

Non riesco a leggere tutte le sere, ma non appena mi è possibile chiudo le porte e le finestre del mondo, accendo l’abat-jour, infilo il pigiama e affondo tra le coperte per ritrovarmi in un attimo là, in cima a una «grande scalinata inondata di luce e cosparsa di fiori e di domestici incipriati in caffettano rosso», nel volteggiare di valzer, di trine e di nastri di un salone da ballo attraversato dall’elettricità degli sguardi tra Anna e Vrònskij.

In questi giorni di click ultraveloci, di like e commenti talvolta frettolosi, di fake news e di smentite, mi ritrovo a respirare tra le pagine di un libro, riassaporando il tempo lento di un’epoca di passione, maschere e conflitto, di sospiri e di sguardi.

E mi conforta apprendere che nel panorama del giornalismo sta riaffermandosi per reazione una filosofia di attenzione, di approfondimento, di verifica dei fatti, di slow journalism.

Uno stile in linea con la nostra rivista cartacea, che vorrebbe rivendicare in qualche modo il ‘diritto alla disconnessione‘.

Quell’incantesimo che chiamiamo letteratura: nodo sublime di finzione e vita che appassiona le amiche e gli amici del nostro Gruppo, persone che dedicano il proprio tempo per raccontare sulle pagine della rivista suggestioni, consigli di lettura, analisi e recensioni di testi. Accanto alle esperienze della nostra Associazione abbiamo raccolto anche in questo numero interessanti inediti, saggi di studio e approfondimento, interviste, racconti e poesie, ovvero tracce di vita.

Perché l’altro volto della letteratura è, paradossalmente, la connessione, il potere della parola di avvicinare, condividere, accorciare le distanze spazio temporali.

Da qui il valore dei Mercoledì de l’Ippogrifo, dei reading, della nostra rivista digitale, della Giornata Mondiale della Poesia oppure del viaggio ‘pellegrinaggio’ a Broni. E, grazie alla proposta di un nuovo socio, la singolare opportunità di incontrare a settembre, proprio a Ferrara, i Poetas del Mundo, un evento mondiale con il fondatore e scrittore del movimento Luis Arias Manzo di Santiago del Cile. “Poeti del mondo” è un movimento artistico-letterario che conta oltre 9 mila membri in 132 paesi dei cinque continenti.

E nel 2019 ci attende un importante anniversario: ricorrono i primi venti anni del Gruppo scrittori ferraresi, nato nel 1999.

Una data da celebrare con incontri, scritti, iniziative e proposte, per conoscersi sempre meglio e far sentire la propria voce.

Gli incontri nel nome della parola creano relazioni, amicizie, progetti.

Sono le persone che lasciano il segno.

Io ho conosciuto Gianna Vancini grazie al presidente Alfredo Santini, per me un esempio di umanità e di impegno a favore della cultura della città e del territorio: ci ha lasciati improvvisamente a febbraio e voglio ricordarlo qui con affetto e riconoscenza, perchè per anni ha promosso e sostenuto le attività del Gruppo scrittori ferraresi.

Sia il presidente Santini sia Gianna sono persone che hanno creduto in me e hanno saputo sempre infondermi fiducia. Dall’incontro con Gianna e con il Gruppo sono nate poi alcune delle amicizie più importanti di questi miei anni, nel segno della letteratura, ma anche del comprendersi, del riconoscersi a pelle.

Tutto questo mi conferma che per chi scrive e per chi legge c’è un tempo per la disconnessione e un tempo altrettanto vitale per la connessione.

E forse la disconnessione altro non è che un modo profondo e silente di riconnettersi alla voce dell’universo.

(Eleonora Rossi, Editoriale, l’Ippogrifo, giugno 2019)