Into The Wild. Nelle terre selvagge

Alla Galleria d’Arte Cloister la mostra personale di Daniela Carletti

Gli occhi della tigre mi fissano, magnetici, penetranti. Non riesco a sottrarmi al loro sguardo.

È il primo incontro, indimenticabile, della mostra Into The Wild. Nelle terre selvagge dell’artista Daniela Carletti, che si può ammirare fino al 30 marzo 2019 alla Galleria d’Arte Cloister di Corso Porta Reno 45 (dal lunedì al sabato: ore 10.30/12.30 e 16.30/19.30; domenica dalle 17 alle 19.30).

È il sorriso accogliente dell’autrice a introdurmi in un’oasi sterminata di natura, idee e libertà, che trova negli spazi aperti e luminosi della Galleria Cloister il suo respiro naturale, in una perfetta simbiosi tra i dettagli in legno, il parquet, il bianco assoluto dei muri e il vetro delle pareti sospese.

Una a una, nella sala al pianterreno, imparo a conoscere le creature che popolano le lande delle tele dell’artista: affiorano da quattro dittici con figure antropomorfe – gatta, farfalla, coniglia, rapace – «forse riprese in immaginario processo di trasformazione, oppure già compiute – spiega l’artista -, dove si è finalmente realizzata la perfetta fusione tra uomo e animale, in un ipotetico paradiso terrestre».

Le grandi tele, sospese in un’aura tra favola e mito, sono giustapposte ai raffinati monotipi schierati al centro della prima sala: tasselli di un mosaico armonico che rimodula lo stesso motivo in tonalità diverse, in accordi musicali. Alcune opere non erano mai state esposte prima, e qui risaltano in esclusiva grazie agli spazi straordinari della galleria.

Al piano superiore sfila Wild, una serie di inchiostri su carta giapponese allineati sulla parete principale: finestre rettangolari di un treno che corre verso orizzonti lontani.

Daniela Carletti, Wild

Innanzi a loro si staglia Verso la libertà (2019), scultura giunonica protesa verso il cielo, senza braccia ma provvista di poderose ali.

Verso la libertà (2019)

In linea d’aria, in un gioco di ombre e proiezioni s’intravvede Testa numero 1 (2018) e Mano (2018), dettagli simbolici del percorso dell’artista e della sua forza creatrice.

Daniela Carletti, Testa n. 1

Esplorando l’ultima sala oltre la balaustra ci si ritrova poi nel Giardino di gesso (2018-2019), sorprendente paesaggio incantato di fiori che racconta l’originalità dello stile di Daniela Carletti scultrice.

Filo di ferro, tela tarlantana, gesso duro: materiali che s’intrecciano e si fondono per tessere una trama poetica.

Maglie di una rete candida per intrappolare le misteriose corrispondenze dell’universo.

Un’architettura silente che cerca uno sguardo ora pacificante, ora inquieto, sulla natura primigenia e sulla vita.

Ombre e luci che si specchiano in una luna velata, in un’alba bianca, in una foglia, in uno sguardo enigmatico e profondo, che raccontano una ritrovata consapevolezza del senso dell’esistere e dell’appartenere.

Vale davvero la pena di avventurarsi Nelle terre selvagge, in quella natura incontaminata che è mappatura dell’universo interiore di Daniela Carletti.

Un viaggio iniziato negli anni ’90, quando l’artista iniziò a raccogliere piante selvatiche e canne sulle rive dei fiumi o attorno ai fossi, per trarne impronte; «una natura povera e dimenticata, ma che se osservata con attenzione piò stupire con la sua bellezza».

Curiosamente, le tre mostre allestite nel tempo alla Galleria Cloister, messe in successione una dopo l’altra, formano una frase: «Attraversare mondi/ girovagando/ nelle terre selvagge», appunta l’artista, commentando: «Il cerchio è compiuto».

Sensazione che si respira perdendosi tra le suggestioni della mostra personale, limbo che dilata il tempo e lo spazio verso un altrove senza confini.

«Il mio è solo un sogno, la rappresentazione di un sogno, ma vorrei sollecitare una riflessione su qualcosa che troppo spesso dimentichiamo, cioè che la nostra stessa sopravvivenza deriva dal rispetto per l’ambiente – osserva Daniela -. Non possiamo pretendere di dominare la natura, perché è più forte e più potente di noi. Quindi tutto quello che possiamo e dobbiamo fare è rispettarla ed amarla».

Eleonora Rossi