Nella ‘verità della vita’

 

 

«Chi entra nella verità della vita fa centro», ci ha raccomandato il maestro Mogol durante la prima lezione al Cet, la sua scuola per Autori nel cuore dell’Umbria, insegnandoci come scrivere una canzone. Ci sono emozioni che attraversiamo tutti e ci sono parole che hanno la capacità di descriverle, di fotografarle: «Più ci si avvicina alla verità del sentire, più si arriva alle persone».

Credo che questa ‘regola’ non riguardi solo le canzoni e la musica, ma ogni espressione artistica, dalla letteratura al cinema, dalla pittura, alla scultura, alla fotografia.

Se ci ritroviamo qui a tessere trame di racconti, a narrare storie, a recensire libri, a intervistare persone o a ‘scarabocchiare’ versi, forse è proprio perché crediamo nel potere della parola di avvicinarci a qualche ‘verità’ di vita.

Questo almeno vale per me: è l’impulso che mi spinge a leggere, a guardare film, a viaggiare, a ascoltare i silenzi.

A cercare risposte, non affidandomi unicamente alla ragione.

«Per avvicinare in modo giusto la sostanza della vita affettiva, con il dovuto garbo, forse è necessario che la ragione trovi una differente declinazione: farsi ragione materna e poetica. Poetica è la ragione massimamente attenta al linguaggio, con cui mette in parola le intuizioni via via guadagnate – ha osservato Luigina Mortari nel libro La sapienza del cuore (Raffaello Cortina editore, 2017) -. La parola poetica, non solo non si chiude in argomentazioni stringenti ed evita rigide ingabbiature concettuali senza per questo rinunciare alla ricerca della massima precisione espressiva, ma lascia aperta la domanda e rende evidente la necessità di fare silenzio, di adombrare paesaggi senza definirli».

È un conforto riconoscere alla parola un profondo valore conoscitivo: «Proprio perché nella vita affettiva viene a datità la qualità del nostro essere, è necessario avere cura delle parole: scartare le parole logore e trovare parole vive capaci di dire con fedeltà l’essenza del vissuto». Inoltre, prosegue Mortari, «la cura della parola è tanto più necessaria quando ci confrontiamo con le ferite dell’anima».

Quando la parola esce dal silenzio di un taccuino personale per farsi discorso collettivo (e a volte vero e proprio colloquio), è allora che l’inchiostro diventa indelebile.

L’arte, in ogni sua forma, è al tempo stesso finzione e rivelazione di qualcosa di autentico, che appartiene a chi per primo sa catturarlo e descriverlo, ma pure all’universalità del sentire umano.

Da qui l’importanza di collezionare (o ‘trascrivere’) parole e la scelta (non sempre scontata) di pubblicarle, di condividerle.

Questa è la filosofia del nostro Gruppo scrittori ferraresi, così come de l’Ippogrifo.

Giovani voci e firme affezionate si affiancano in queste nostre pagine, che vorrebbero essere soprattutto un luogo per dialogare, un ‘veicolo’ per incontrarsi: il vagone di un treno che viaggia senza fretta, dove leggere, conoscersi, riscoprire il potere della parola.

E magari provare a entrare, per qualche attimo, nella «verità della vita».

 

(Eleonora Rossi)