Roberto Pazzi disarma con ‘Lazzaro’ i tiranni della Storia

‘Vangelo di Giuda’, ‘Conclave’ e adesso ‘Lazzaro’. Roberto Pazzi si professa laico, però, per dirla con le parole di un inquietante protagonista del suo nuovo (e ventesimo) romanzo  <… ma tu ce l’hai sempre con la religione…>.

<Non sono un cattolico praticante, ma credo con certezza in Dio. Non ne so però calcolare il perimetro. Sento che tutti le religioni sono “scalate al cielo” come scriveva Baudelaire, tutte comprensibili. Temo le religioni rivelate come le tre monoteistiche, ebraismo, cristianesimo, islamismo. Sono tutte e tre intolleranti delle verità altrui, ognuna pretende di essere la vera e unica.  In generale sono convinto che il Sacro, come la buona musica, sia meglio sentirlo non in mono, ma in stereofonico, mi piaceva il senso del Sacro dei greci, che popolavano la Natura di divinità, per loro la Natura era santa, Leopardi aveva nostalgia di tale sguardo. Penso comunque con Voltaire che ci sia un “Grande orologiaio dell’Universo”. Lazzaro rappresenta la curiosità costante dell’uomo sulla morte, colui che potrebbe svelarci che cosa abbia visto nell’oltretomba. Non posso parlare del mio Lazzaro senza svelare chi sia, cosa che si apprende solo alla fine del romanzo. Rappresenta anche l’impossibilità di Dio di corrispondere all’amore di una creatura di carne, senza bruciarla come una falena, quando si avvicina alla lampada>.

Il suo nuovo libro parte dunque da Lazzaro, ma si catapulta poi avanti di quasi duemila anni per affrontare un tema attuale quanto antico.

<Sì, il tema è nell’aria, la fame di uomini carismatici, di uomini della Provvidenza, di governi forti, che esprimano la pancia dei loro Paesi, soprattutto le loro paure. Nascono così i tiranni nella storia vedi Mussolini e Hitler e oggi Erdogan, che rafforza il suo potere con la benzina della religione. Orribile vedere la moglie col velo accanto a lui. La resa della razionalità di Kemal Ataturk al fanatismo del califfato. Trump non a caso gli ha subito telefonato per congratularsi di un referendum vergognoso, dove sono state contate milioni di schede non timbrate dallo Stato. I due si piacciono>.

Ancora una volta si conferma scrittore originale e soprattutto visionario.

<Qualche volta i miei libri hanno anticipato la storia. E’ accaduto con ‘Cercando l’Imperatore’ (caduta del comunismo sovietico, che sta per uscire in Corea, quattordicesima lingua), ‘La malattia del tempo’ (guerra del Golfo di Saddam), ‘Conclave’, tradotto in 18 lingue, appena riedito da Bompiani e distribuito con QN. Spero di sbagliarmi questa volta, talvolta le opere di fantasia sono salutari vaccinazioni contro certi pericoli>.

Torniamo a ‘Lazzaro’. Nell’insieme i suoi romanzi sono stati tradotti in ventisei lingue, tra cui quella della Turchia dove Roberto Pazzi è molto conosciuto e letto. Erdogan questa volta ricorrerà però alla censura?

<Credo che Erdogan non darà alcuna importanza a un romanziere italiano. Ha da pensare a reprimere i suoi. In Turchia hanno tradotto 3 miei romanzi, ‘Cercando l’Imperatore’, ‘La principessa e il drago’, ‘Conclave’, che per due settimane nel 2005 fu in classifica fra i libri più venduti. Poi è uscita anche una antologia della mia poesia a cura dell’Università di Ankara. Vado abbastanza spesso a Istanbul a fare conferenze invitato dall’Istituto italiano di cultura per la settimana della lingua italiana nel mondo, a ottobre>.

Se fosse una mosca – e il riferimento per chi ha letto o leggerà il libro non è casuale – dove volerebbe?

<Volerei lontano lontano dove non ci sia nessuno magari sulla Luna, a guardare dalla Luna la Terra, magari anche la mia Ferrara, sul dorso di un ariostesco ippogrifo: è una fantasia che mi ha sempre evocato il ‘Canto notturno di un pastore errante dell’Asia’, di Leopardi, una delle liriche più belle che abbia letto in vita mia>.

Lei è nato in Liguria, eppure, si proclama con orgoglio ferrarese.

<Vivo bene a Ferrara, perchè è un buon retiro per scrivere, per sognare ad occhi aperti, per ricreare con la fantasia il mondo in cui viviamo, magari con alcune punte di visionarietà che possano anticipare il Tempo, che alludano a direzioni di tendenza della Storia presente, scavando dal passato metafore del futuro, si sa che fra fantasia e memoria il legame è strettissimo, chi non ha buona memoria non riesce nemmeno a inventare. Certo oggi l’immaginazione è minacciata dall’eccesso di cose viste, dalla tv. Esiste un nesso fra vista e visione di carattere inversamente proporzionale. Più vedi cose, meno ne immagini. Sono cose che ho insegnato sempre a Ferrara a scuola, all’università, ai miei corsi alla scuola di scrittura Itaca>.

Poi c’è l’eredità di Giorgio Bassani.

<A Bassani non devo niente, il mio autore di riferimento è Ariosto, con la sua alta fantasia che ricreava il mondo. Bassani è un autore della memoria, che riscrive il passato della sua gente, ma non inventa mai, reinventa il già stato. Un bella poetica, ma non è la mia. Uno scrittore che amo ma da cui ho solo imparato il culto della Parola, la cura della scrittura, non la poetica>.

Gianna Vancini scomparsa da poco più di un anno, ha guidato per anni il Gruppo scrittori ferraresi. Vi conoscevate bene, vero?

<Conservo un bellissimo ricordo di Gianna, era una amica della scrittura a tutti i livelli, sempre generosa e disponibile, sempre pronta a sostenere e incoraggiare i giovani, a valorizzarli con le sue molteplici attività culturali. Preferivo la sua ricerca storica, così precisa, corretta filologicamente, così curiosa, attenta e originale, alla sua scrittura narrativa. Manca oggi in città una figura di riferimento come lei per chi si avvicina alla scrittura e si proponga di uscire dal solipsismo cui lo condanna il provincialismo di una città che a parole loda la cultura, ma si guarda bene dall’incoraggiare i giovani che si propongano di fare della cultura, dei libri, della scrittura un lavoro per la vita, anzi un destino>.