RAGAZZI IN GAMBA

Come dite? Se mi va di scambiare quattro chiacchiere con voi? Be’, non vedo  perché no… Accomodatevi pure, di sedie vuote in questo bar ce ne sono fin troppe! E poi, vedete bene che il mio bicchiere di birra non è messo granché bene. Se potesse parlare, direbbe: Ehi, amico, che ci sto a fare qui impalato e pieno d’aria? E se così dicesse, sapete che gli risponderei, io? Gli risponderei: Hai ragione da vendere, e per questo ti presento dei nuovi amici, pronti a ridarti fiducia nell’avvenire! Dico bene? Ah, grazie, amici, grazie davvero! Non dovevate…
Giornalisti, vero? No, non fate finta di non esserlo, sarebbe un’offesa alla mia intelligenza. Sapete, ho imparato a riconoscervi a colpo d’occhio, e vi chiarisco subito un concetto: non ho davvero nessun problema a raccontarvi ancora quella vecchia storia, soprattutto se vorrete dimostrarvi comprensivi nei confronti della mia gola secca…
È trascorso ormai più di un anno, e ancora vi interessa? Non ci avete già ricamato su abbastanza, a suo tempo? Ah, capisco… Volete cavarci un libro… Okay, allora, lasciatemi intingere i baffi in questa schiuma bianca… Questa è roba di prima qualità. Non badate a spese, voi, vero? D’accordo, d’accordo, vi accontento. Cosa volete sapere?
Sì, c’era anche mio figlio Alex, su quella dannata barca a vela. Immagino sappiate in quali condizioni si trova, ancora oggi. Mio figlio, intendo, non la barca… I medici dicono che col tempo si riprenderà, e io ci voglio credere. Ma per il momento, non posso che aspettare, e maledire il giorno in cui ho firmato quel contratto. Certo, era una faccenda conveniente. Per uno come me, in cassa integrazione, con una moglie che lavora un giorno sì e tre no, quei soldi sono stati una vera manna dal cielo. Sapete, quelli della pubblicità pagano bene. Si trattava di lasciare che Alex se ne andasse in gita per un paio di settimane in barca, assieme ad altri sette o otto coetanei, sui tredici, quattordici anni. A guidare il tutto ci sarebbe stato quel… quel Capitano, come si faceva chiamare.
Un sorso ancora… Ecco, così va meglio. Dunque, dicevo… Già, la prospettiva era interessante: Alex avrebbe imparato tante belle cose sulla navigazione, sulla vita in comune, avrebbe fatto attività fisica all’aria aperta, se la sarebbe spassata un mondo, in sostanza. Lo sponsor ci metteva il contante, e loro dovevano solo dimostrare che non c’è nulla di meglio al mondo di quegli stramaledetti bastoncini di merluzzo… Io e mia moglie abbiamo firmato, e adesso ci ritroviamo un figlio in stato quasi catatonico.
Ma si può, dico io, lasciare che un branco di minorenni se ne vada al largo in compagnia di un solo adulto? Un tizio distinto, niente da dire, ben educato, con la sua barba brizzolata, la divisa blu da capitano, e tutto il resto… Insegnava a fare nodi, a orientarsi con la bussola, a tirare vele di qua e di là, a lucidare il ponte, a governare il timone, e tutte quelle belle cose sane che negli spot piacciono tanto, almeno così dicono… E intanto, a uno dei ragazzi era stato affidato il compito di immortalare i momenti migliori con una telecamera.
Ma chi l’avrebbe mai detto che quel baldo Capitano soffrisse di cuore? Forse non lo sapeva neanche lui. È successo di sera, così mi hanno riferito. Durante la seconda settimana di traversata. Se ne stava al timone, lo sguardo fiero puntato all’orizzonte, quando all’improvviso ha fatto una smorfia, e pare che prima di accasciarsi abbia sparato qualche volgarità contro il nome dello sponsor… I ragazzi hanno capito subito che per lui non c’era più niente da fare. Avevano seguito con zelo il corso di pronto intervento che il Capitano aveva tenuto prima della partenza, e adesso capivano bene che quello che si trovavano davanti era un cadavere. Senza ‘se’ e senza ‘ma’, come si dice oggi. Come hanno reagito? Be’, con un bel po’ di panico. All’inizio, almeno. Nessuno di loro sapeva usare la radio di bordo, neppure accenderla. E poi, il tempo si è messo al peggio. Hanno preferito rifugiarsi tutti quanti in coperta, lasciando che la barca se ne andasse per i fatti suoi…Devono essere finiti parecchio al di fuori della rotta stabilita: per questo ci hanno messo tanto, a ritrovarli. Più di tre giorni, ci credereste? Ma stavano tutti abbastanza bene, almeno fisicamente. Alex e qualche altro non se la stanno passando granché, è vero. Ma gli psicologi che li stanno seguendo sono ottimisti. E pure io. Sono suo padre, e devo esserlo per forza, no?
Può ripetere, prego? Cosa penso di quello che hanno fatto? Vi dirò: al posto loro probabilmente avrei fatto lo stesso. Dopo dieci giorni di bastoncini di pesce alla mattina, al pomeriggio e alla sera, non avreste anche voi sentito l’esigenza di un alimento alternativo? In cambusa ce n’era ancora una scorta impressionante, ma chi può dire cosa può passare per i cervelli di adolescenti terrorizzati in balia dell’oceano? Per quanto ne sapevano, avrebbero anche potuto vagare per settimane, magari per mesi… Improbabile, sono d’accordo con voi, ma – ripeto – cosa mai sarà passato per le loro giovani teste? Insomma, come sapete, nessuno della giuria se l’è sentita di condannarli. Tutto sommato hanno fatto un lavoro pulito, e rispettoso. Il corpo del Capitano, o almeno ciò che ne rimaneva, era stato riposto nel congelatore, ben suddiviso in porzioni impanate. Mi hanno detto che esistono anche dei filmati che documentano quanto si sia dimostrato gagliardo l’istinto di sopravvivenza di quei giovani, ma non hanno voluto che noi genitori li vedessimo. Meglio così, tutto sommato. Non credo che mia moglie avrebbe apprezzato. Anche se, diciamocela tutta, quell’esperienza li ha fatti crescere. Dei ragazzi davvero in gamba. Ecco, guardate, il vostro libro dovrebbe intitolarsi proprio così: Ragazzi in gamba. Alla faccia dello sponsor, che ha mandato a monte tutta la campagna…
Eh, sì, qui ci vorrebbe proprio un altro bicchiere. Che dite, vi va? Mario, un altro giro per tutti!… Prosit!
(Prima pubblicazione: L’Ippogrifo – marzo 2012)