FRATELLI

12 marzo:
Non avrei mai voluto arrivare a questo, ma da quando ho cominciato a pensare alla possibilità di eliminarlo – definitivamente – non sono più riuscito a togliermi quest’idea dalla testa. Non che non mi renda conto delle conseguenze cui andrei incontro ammazzando mio fratello, anzi; ma ritengo sia giunto il tempo di risolvere una volta per tutte la questione. Approfitto del fatto che Carmine stia dormendo per scrivere queste righe. Se solo se ne accorgesse, be’… vorrebbe dire che mi toccherebbe passare subito all’azione, senza aspettare. E non sarebbe nel mio stile. Forse, in fondo, rimandare una decisione tanto grave e importante può servire a farmi cambiare idea, anche se non lo credo. Stiamo a vedere.

13 marzo:
È’ inutile che io ci stia a pensare ancora sopra. Qui le cose precipitano, ogni giorno che passa. O io, o Carmine. Lui pare proprio convinto di avere il diritto di darmi ordini, di trattarmi come un cane, di costringermi al silenzio, di farmi fare i lavori pesanti al posto suo. Ma si sbaglia. Eccome, se si sbaglia. Lui pensa che io lo tema, che mi manchi il fegato per reagire. Ma questa volta gli dimostrerò con chi ha veramente a che fare.

14 marzo:
Questa mattina Carmine mi ha preso a calci. Non è stata la prima volta, ma di sicuro è stata l’ultima. E rideva pure, il bastardo!… Perchè non sapeva di aver firmato la propria condanna. La decisione è presa. Sarà per stasera, dopo lo spettacolo. Se ci sarà da lottare, bene: si lotterà. Ho dalla mia parte una rabbia che mi accompagna dentro da troppi anni. Non temo il confronto. Mi chiedo solo come abbia potuto sopportarlo così a lungo.

Fu la donna cannone ad accorrere (per quanto la mole glielo consentisse), allarmata dalle grida e dal gran baccano. Riuscì senza difficoltà a sfondare la porta del carrozzone dei Berretta, e assieme a lei si precipitarono dentro pure alcuni giocolieri che si stavano allenando poco distante. Uno di loro però uscì subito, bianco in volto, e con la scusa di cercare il direttore del circo si allontanò di corsa. Qualcuno lo sentì vomitare.
Carmine e Salvatore stavano riversi, nudi, in una larga pozza di sangue. I loro corpi erano ancora scossi da deboli convulsioni, ma dalla luce morta che andava dilagando dentro i loro occhi era evidente che per loro non c’era più speranza.
Impugnavano entrambi un coltello da cucina dalla lunga lama arrossata. Ognuno dei due aveva colpito il fratello più e più volte, nel vano tentativo di liberarsi dell’altro. Avevano anche cercato di tagliare, era evidente; ma la carne e le ossa fra la spalla e la parte superiore della schiena si erano rivelate troppo tenaci per le loro sempre più languide energie.
Per quanto macabro, quello fu l’ultimo spettacolo offerto dai favolosi fratelli siamesi Berretta.

(Pubblicato su Mystero, mag. 2002)