Paola Cuneo – “Da Ferrara a Padova, in una manciata di minuti”

In una luminosa giornata di inizio luglio, la basilica s’impone in tutta la sua magnificenza e sull’azzurro del cielo esplodono le linee della facciata e le curve delle cupole.

Accanto, sorge una bronzea statua equestre.

Sono giunta in piazza Sant’Antonio, a Padova, con la guida di un’amica che vi abita da alcuni anni. Scese dall’auto nei pressi della famosa piazza, Prato della Valle, uno tra gli scorci più caratteristici di questa città, abbiamo cominciato il nostro percorso turistico alla ricerca di noi stesse, di pace, di un dialogo fatto di naturalezza e semplicità.

Andare a spasso per le vie patavine di lunedì, è il momento migliore per chi non riesce a fermarsi troppo tempo, perchè la città è poco animata, non si è ancora messo in moto il traffico commerciale dei negozi.

Elisabetta, sempre più incredula della tranquillità e dell’assenza di calca nei paraggi della basilica, mi porge un opuscolo di descrizione che ripongo nella borsa, sono presa a osservare e a superare l’imbarazzo per la maestosità dell’interno, solennemente scandito dai grandi pilastri che separano le navate.

Incontriamo, dopo la bellissima cappella rivestita di affreschi del 1300, la cappella dell’Arca, tutta rifinita in marmo, con l’altare e la tomba del Santo, e la cappella delle Reliquie, luoghi venerati dai fedeli, come testimonia la grandissima parete ricoperta di immagini, fotografie, parole di ringraziamento e di autentica devozione. Ci avviciniamo percorrendo il cammino alla scoperta dei sacri resti, e mi affascina la pietra guanciale. «Manda una foto ai tuoi figli», suggerisce sorridendo Elisabetta, «quando si lamentano della scomodità delle loro cose».

Alla toccante immagine dei resti del saio di Sant’Antonio, ancora dedita alla consuetudine della foto, sento qualche voce informare che non è permesso lo scatto fotografico delle reliquie. Elisabetta si rivolge ad un giovane frate francescano lì vicino, che, sempre con sorriso bonario, risponde che le foto non sono concesse. Obbediamo a questo ordine e proseguiamo il nostro percorso raggiungendo un altro punto della basilica. Mi sento persa in tanta meraviglia, consulto fiduciosa la mia guida cartacea e leggo che dalle navate si accede a un profondo presbiterio cinto da un deambulatorio; Elisabetta traduce il mio sguardo interrogativo e mi dice : «È proprio dove siamo ora!»

Camminiamo ancora e giungiamo all’altare maggiore, ornato di bronzi. È in corso la celebrazione della Messa, sostiamo per un breve tempo davanti alla prima fila di panche e, appena si scioglie il gruppo di preghiera, ci avviciniamo per meglio osservare le splendide opere d’arte che ornano l’altare. Il breve tempo della visita all’interno della basilica ha fatto bene allo spirito.

Mi affascina l’osservanza che si tramanda nei secoli del culto del Santo, lo spirito religioso di un popolo, la storia di un uomo che viaggiò, che predicò con grande sapienza e perseveranza, valori custoditi nel tempo.

Uscita dalla basilica ricordo di avere portato un dono per la mia amica, che le porgo ricambiando il suo gesto di prima. Ho infatti con me un piccolo compendio di storia dei Santi di casa d’Este. Mi ringrazia di cuore, ero certa che avrebbe apprezzato il valore di questi studi, la casata degli Estensi ha lasciato segni nel territorio padovano, e sentiamo il filo che unisce le due città, oltre a quello esistente per legami famigliari.

Il tempo è poco, e con Elisabetta che fa da guida, la visita mi appassiona e mi invoglia a proseguire. Percorriamo una larga strada, che porta al nucleo centrale di piazza Erbe, piazza Signori, la sede Universitaria, il caffè Pedrocchi, tutti punti in cui si avverte una città viva, attiva e di grande tradizione culturale.

«Questo è un altro luogo sacro» mi dice Elisabetta; ci troviamo su un ponte lungo il fiume Bacchiglione dal quale si ha la pittoresca visione della specola, sede dell’antico osservatorio astronomico di Padova, dove hanno soggiornato e studiato illustri scienziati, tra cui Galilei.

Elisabetta mi indica altri luoghi che si possono scorgere da quel punto di osservazione, la città è per lei capace di evocare tanti ricordi, legati all’infanzia, impressi nel cuore.

Infine raggiungiamo la sua casa, ammirando, lungo il tragitto, l’elegante nucleo cinquecentesco del duomo e del vescovado.

Mi accoglie gentile la voce del marito Agostino, arrivato a casa per una breve sosta, in attesa di riprendere il lavoro nel pomeriggio. Pranziamo insieme, e dell’allegra compagnia fanno parte un po’ anche i famigliari non presenti fisicamente, ma ricordati con conversazioni al cellulare.

Agostino ci lascia per un breve riposo e noi, dedite alle nostre chiacchiere, in un attimo vediamo arrivare il momento di riprendere il giro per la città, ma non rimane molto tempo, e dobbiamo procedere a passi sostenuti verso la stazione.

Sotto il cielo cocente non resta che procurarci qualcosa da bere e scambiare gli ultimi, commossi saluti, prima che il treno si metta in moto, cullando i ricordi del bel viaggio di Paola, a Padova.