Il mio amico Jerry

Quelli che mi lasciano proprio senza fiato sono i libri che quando li hai finiti di leggere e tutto quel che segue vorresti che l’autore fosse tuo amico per la pelle e poterlo chiamare al telefono tutte le volte che ti gira. [J.D. Salinger, Il giovane Holden]

Ogni volta che posso, sfoglio uno dei libri contenuti in questo prezioso cofanetto e lo faccio, veramente, come se telefonassi ad un amico. A un vero amico.

Sicuramente l’ho già riportato in qualche altro Post o su qualcuno dei miei silenziosi moleskine ( i… Tacqui-ni) ma Salinger è davvero, per me, un …nominabile sempre attuale.

“…Con una grafia, forse eccessivamente leggibile, scrissi su di un foglietto: «Saremo trattenuti per molto tempo dalla sfilata. Noi andiamo a telefonare e a prendere una bibita fredda in qualche bar. Vuole venire con noi?»…Il vecchio si sistemò il taccuino in grembo con estrema cura , poi sostò per un attimo, la matita in equilibrio, evidentemente concentrandosi, il suo sorriso diminuì soltanto di poco. Quindi la matita cominciò a muoversi molto instabilmente. Mise un puntino sulla lettera «i» e mi restituì personalmente matita e taccuino con un ultimo e meravigliosamente cordiale cenno del capo. Aveva scritto in lettere che non si erano ancora solidificate, un’unica parola: «Lietissimo». La Damigella d’Onore, leggendo di sopra la mia spalla emise un rumore smorzato, un po’ simile ad uno sbuffo, ma io guardai rapidamente il grande scrittore e cercai di fargli capire con la mia espressione che noi tutti nell’auto eravamo capaci di riconoscere una poesia quando ne vedevamo una e gli eravamo grati.”

Ecco: questa è la Grazia!

In queste poche parole che descrivono gesti, tratteggiano caratteri, ammiccano indifferenza, ironia, sarcasmo, noia; in queste e tra queste parole arde il fuoco della poesia. Un fuoco che nulla afferma ma che è lieto di restare acceso!

Già. La poesia in J.D. Salinger. Sono sicuro che è stato un tema già ampiamente trattato e quindi non farò altro che aggiungere una sottolineatura: i grandi romanzieri sono prima di tutto grandi poeti. E Salinger cita spesso e spesso fa poesia.

“…Sia che scrivesse con il sapone o no, la sua grafia era sempre minuta, quasi indecifrabile; questa volta non le era riuscito difficile affiggere il suo messaggio sulla parete superiore dello specchio: «Alzate l’architrave carpentieri. Lo sposo simile ad Ares sopraggiunge il più alto fra tutti gli uomini». Con affetto, Irving Saffo…Ti prego, sii felice, felice, FELICE, con la tua bellissima Muriel. Questo è un ordine. Sono la più alta in grado di tutto l’isolato…”

E quindi prima di tutto e tutti Salinger cita Saffo, poi però non compiere un viaggio (culturale) verso il razionale e chiassoso Occidente ma la sua poetica si fa decisamente raffinata, silenziosa orientale perché

“la voce umana congiura per profanare tutto quello che abbiamo in questo mondo…”

Si passa così agli haiku che di tanto in tanto, quasi a sottolineare questa massima, interrompono il rumore della voce umana per rimediare alla profanazione:

“Saygo dice, «Non so cosa sia|Ma con la gratitudine|Cadono le lacrime».

Viene dunque il sospetto che Jerry voglia indicarci una strada (silenziosa e nascosta) quasi fosse lui a comportarsi da “paranoico alla rovescia” e che stia complottando con le parole per farci felici.

“È terribile dire a qualcuno «ti amo» e ricevere in risposta dall’altro capo della linea «che cosa?». È  tutto il giorno che leggo dei brani dal Vedanta. I coniugi devono servire l’uno all’altro. Migliorarsi, aiutarsi, insegnarsi e rafforzarsi a vicenda ma, soprattutto, servirsi. Allevare i propri figli onorevolmente, amorevolmente e con distacco. Un figlio è un ospite della casa e deve essere amato e rispettato, mai posseduto perché appartiene a Dio. Che cosa stupenda, sensata, meravigliosamente difficile e perciò vera. Per la prima volta in vita mia provo la gioia che deriva dalla responsabilità…”

Non è forse un dolce complotto questo? Ti viene subito voglia di armonizzarti e risuonare con queste parole e scrivere alla persona che ami:

Sempre la poesia è poesia d’amore anche quella maledetta di Verlaine, quella maleducata e scorretta di Bukowski, quella incomprensibile (la mia). L’amore è forse sempre educato e comprensibile? Non c’è Parola dunque senza Amore e perfino il mare sarebbe muto, il cielo tacerebbe; il sole spento sorgerebbe invano senza amore. E dunque parliamo perché amiamo. Ascoltiamo la marea che ci regaliamo l’un l’altro la sera. Parliamo il cielo dei nostri abbracci. Scriviamo il calore dei nostri sguardi ancora timidamente audaci. E percepiamo che la vita, in fondo, è “solo” questo guardarsi allo specchio sapendo che qualcuno ama chi c’è davanti a noi e oltre.

E siccome i poeti sono e hanno un canto come gli uccelli non poteva, Jerry, non elogiare anche quelli:

“…uccelli…ne sei stato affascinato perché «di tutte le creature viventi i più vicini al puro spirito sono proprio quegli esserini la cui temperatura media non supera i 125 Farenheit»…«Il regolo crestato, col suo stomaco non più grosso di un fagiolo, può compiere la traversata del Mar del Nord! Il chiurlo, che si riproduce in regioni talmente settentrionali che soltanto tre persone hanno visto il suo nido, va a passare le vacanze in Tasmania!». Sperare che il vero mio lettore abituale sia proprio una delle tre persone che hanno visto il nido del chiurlo sarebbe eccessivo, è chiaro, ma mi pare comunque di conoscerlo abbastanza – cioè di conoscerti – per indovinare in ogni momento quale atteggiamento si attende da me ora.”

Ecco la “comunità” a cui Jerry si rivolge. Ecco per chi ( e non contro chi) complotta con le parole; una comunità formata da quelli che sprofondano senza toccare mai il fondo: quelli, appunto, che vanno a fondo. E sicuramente sappiamo che non fanno parte di questa comunità quelli che salgono e vogliono salire sempre più in alto.

A chi si “arrampica” non è permesso di accorgersi né di sentire quando si arriva in cima. Questi continua soltanto a salire e a voler salire. Questo spiacevole desiderio è destinato a coloro che in un momento o nell’altro della loro vita hanno cercato l’invidia degli altri, una cosa che loro producevano bene sicché si sono messi a commercializzarla.

A persone siffatte un poeta come Jerry non può che rinfacciare…

“…questo dato di fatto: costoro non sono in grado di ascoltare un urlo di dolore, e non sono in grado semplicemente perché sono una banda di sordi. E con un equipaggiamento così difettoso, con quelle loro orecchie che non sentono, come potranno dall’intensità dell’urlo risalire all’origine del dolore? Con mezzi uditivi così limitati il meglio che si può fare è, credo, percepire e, forse, verificare qualche suono marginale – lo si potrebbe quasi chiamare il contrappunto – derivante da un’infanzia infelice o da una sfrenata libido… Il vero poeta o il vero pittore non è forse un veggente? Non è, in pratica, l’unico veggente che abbiamo sulla terra? Non è certo un veggente lo scienziato, né, lo nego con tutte le mie forze, lo psichiatra…” né, ora ne sono più che certo, l’ingegnere!

Il poeta è colui che si comporta religiosamente o, parimenti, ereticamente: sacralizzando o dissacrando tutto! E ”…la caratteristica più comune a queste persone… è che molto spesso si comportano da sciocchi o addirittura da imbecilli”. Come dei veri e propri chiacchieroni a getto continuo.

Così anche una malattia può essere sacralizzata o dissacrata:

“…usata con moderazione una poesia di prima qualità è uno strumento terapeutico eccellente e di solito rapido. Quando ero nell’esercito, una volta mi presi una pleurite che mi durò quasi tre mesi, il primo autentico sollievo lo provai quando mi infilai una lirica di Blake dall’aspetto perfettamente normale nel taschino della camicia e lo portai come un cataplasma per un giorno o due…”.

Ecco perché il modo migliore per “incontrare” e conoscere, veramente, le persone e chiedere non «Come stai?» ma : «Che poesia hai ripiegata nel portafogli?».

“Le migliori poesie classiche cinesi e giapponesi sono discorsi intelligibili che dilettano, illuminano o approfondiscono la comprensione che il lettore ha di una parte minima della propria vita”.

Solo da queste premesse è possibile comprendere quello che Salinger dice e cioè che:

“…la poesia è certo una crisi, forse l’unica crisi che possiamo mettere in moto con i nostri mezzi”.

Ma la poesia è anche guarigione, perchè come insegnano gli haijin giapponesi la crisi contiene in sé il seme della guarigione, anzi è una guarigione che inizia.

E questa crisi-guarigione che è la poesia, può svelare tante cose:

è vero esistono uomini sordi, grigi ed irrigiditi che non sono assolutamente toccati dalla poesia, ma “…mi pare fuori discussione che la maggior parte degli abitanti di tutto il vasto mondo, gente di età, tradizioni e inclinazioni diverse sia attratta da uno speciale impulso – anzi ci si butti addosso, in alcuni casi – verso gli artisti e i poeti che oltre ad avere fama come creatori di grandi e belle opere d’arte, nella vita ostentano Qualcosa Che Non Va: una macchia nella loro rispettabilità di uomini e di cittadini, una debolezza colorabile di romanticismo da cui essi siano afflitti o intossicati…”.

Tutti abbiamo bisogno di un amico così, uno da poter chiamare al telefono tutte le volte che ci gira.

Uno come il mio amico Jerry.