La spirale creativa

Intervista a Ilaria Bertazzoni.

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Accogliamo nella rubrica saggistica un’intervista di una giovane e talentuosa artista bondenese.

Nota Biografica:Ilaria Bertazzoni è nata a Bondeno di Ferrara il 16 novembre 1975. Diplomata all’ istituto d’arte Dosso Dossi nel 1994, unisce arti figurative, fotografia e scultura a letteratura, poesia e musica. Prima pubblicazione come illustratrice nel 1999, per “Elegia del ghiro furioso”, con David Merighi (FragilVida). Scrive e illustra favole per i bambini, sui bambini, e sugli adulti, che ridisegna e racconta come se fossero di nuovo bambini, in un mondo fra fantasia e realtà che solo da piccoli, giocando, per magia sappiamo creare senza sforzo né difficoltà, il cui ricordo addolcisce la vita e, quando serve, lenisce qualche ferita dell’anima.

Con quali forme di espressive ti cimenti?

Pensando alle mie forme espressive, oltre a pittura, disegno, scultura, fotografia, installazioni, quasi sempre accompagnate da scrittura e poesia, dalle quali non riesco a scindere nulla, mi sentirei di aggiungere tessitura e cucito, intesi come ulteriore rappresentazione ed estensione di un pensiero. Ogni materiale può diventare forma rappresentativa.

Quali pittori o correnti pittoriche ti hanno maggiormente influenzato?

Se dovessi elencare pittori che mi hanno influenzata, direi, in ordine sparso, Michelangelo e Schiele, per l’ anatomia, i nudi, i colori e le pennellate di Van Gogh, le sfumature e l’ uso del bianco di Turner, il blu e la dimensione onirica di Chagall, il surrealismo di Dalì, quello di Escher, i graffiti di Basquiat, l’ attenzione per i riflessi luminosi dei fiamminghi,  tutti elementi che ritrovo in parte nei miei lavori, assorbiti più o meno inconsciamente. Un discorso particolare potrei fare per Caravaggio, sulla luce e sulla rappresentazione della realtà, che applico alla fotografia, di cui fu il precursore. Entrando più nella mia storia personale, ricordo che da bambina conobbi Carlo Tassi, anche lui di Bondeno e iniziai a disegnare a carboncino, a matita, a biro nera e in seguito Gianni Cestari, sempre delle mie zone, di ispirazione per le illustrazioni a colori. Il primissimo approccio col ritratto, in realtà, viene dal mio nonno materno, che non dipinse mai una tela, ma disegnava su carta e sulle lavagnette, col gesso, innumerevoli profili, volti, maschere. Posso far convivere, nella stessa tela, o serie compiuta di tele, la visione aerea di città futuriste, elementi surrealisti che convivono con richiami letterari a Orwell, o figure umane d’ anatomia rinascimentale unite alla teoria sul colore di Kandinskij e al principio fisico dell’ osmosi rappresentato come applicabile alle anime. Posso usare, in fotografia, filtri colorati tipici della pop art a un ritratto di taglio documentaristico, street, o il bianco e nero per soggetti e inquadrature pop. Non so se sia un limite, o un difetto, ma più che ispirarmi a correnti, artistiche, letterarie, filosofiche, tendo a trarne pezzetti per esprimere il mio flusso di pensiero, dico flusso perché “pensiero” per inciso mi sembra troppo definitivo, immutabile.
Che cos’è secondo il tuo parere la pittura?  E la fotografia?

Storicamente, il dipinto ricoprì per molto tempo il ruolo che poi è diventato della fotografia, prima di evolvere in correnti. Per me, nata dopo il dipinto e la fotografia, entrambe le forme espressive si sono avvicinate da bambina. Credo che il mio primo disegno sia stato un elefante verde sul muro di casa e le prime foto le scattai con la macchina analogica, quelle con il flash a cubo luminescente, poi rimasi affascinata e immortalata con la suddetta espressione, dall’ autoscatto della reflex di una cugina fotografa ed ebbi, alle medie, la mia prima analogica automatica blu. Quando si aprì per caso e il rullino venne esposto al sole, lasciando un alone rosso/arancio/verde nella foto proprio nel punto in cui c’era un torrente in montagna, nacque la mia prima “foto artistica”, o meglio quella che io vidi come potenziale espressione artistica. La pittura, la scultura, le vivo come atti lenti, pensati, tormentati a tratti, gioiosi e passionali in altri momenti, poi razionalizzati, trasformati in qualcosa di simbolico e nel contempo l’ azione fisica che serve per esprimere l’ interiorità, irrimediabilmente legata al corpo. La fotografia è più immediata e in un certo senso contemplativa di ciò che è dentro e intorno, sia in autoscatto che in ritratti di altri, paesaggi, luoghi. l’ azione è quasi immediata, non c’è tormento e una volta scattata e visibile, la foto, mi permette di vedere meglio, consapevole del fatto che, a differenza del dipinto o della scultura, che trascendono il tempo, nella fotografia il momento fermato è unico e preciso…..semplificando, un quadro può durare cinque minuti, un anno, dieci anni, il tempo che impiego fra il pensarlo, l’ inizio e la fine. La foto è quel preciso attimo, che comunque può raccontare un minuto, un giorno, un anno, un secolo, un millennio, se fotografo i segni del tempo su un antico ponte.

A cosa stai lavorando adesso?

Ciò su cui sto lavorando ora, includendo sempre pittura, fotografia, scultura, poesia, letteratura, è il pensiero, quasi una teoria, per cui  “anima è corpo” -“anima è luogo”, perché senza corpo, senza i sensi, cervello, organi, non avremmo la possibilità di vedere, sentire, elaborare ogni stimolo, provare sentimenti, emozioni, o esprimerle. Non vedo il corpo come l’ involucro meno nobile di altro, dell’immateriale, o presunto immateriale. E vedo i luoghi come qualcosa che influenzano il corpo/anima, che per entropia, prima o poi diventa esso stesso luogo, una volta cambiata la propria forma. Non so se la vita arriverà mai ad un’ evoluzione tale da poter essere puro pensiero, o pura anima, in tutti i significati che può avere il termine, il punto è che per ora non siamo a quel livello e le arti e la letteratura, in fondo, pur essendo molte volte profetiche, anche lucidamente, non prescindono mai completamente, forse, dall’era in cui si esprimono.

Ci racconteresti un sogno nel cassetto?

Uno dei miei sogni nel cassetto, banale credo, è avere la possibilità di esporre qui, magari a Ferrara, luogo/anima  dove ho studiato e che ho vissuto, appunto perché fa parte della mia storia artistica e, come tutti, o molti non sono esente dal desiderio, forse puerile, di essere profeta in patria…

Attenzione: avvertenza giuridica

Le immagini riportate sono un’esclusiva proprietà dell’artista Ilaria Bertazzoni. Qualsiasi riproduzione non autorizzata dall’artista è vietata come da normativa sulla tutela del diritto d’autore. Le immagini sono state integrate nel sito web a supporto dell’intervista previa esplicita autorizzazione di Ilaria Bertazzoni che resta l’unica titolare dei diritti sulle suddette opere.