“Versi animali” di Chiara De Luca

Versi animali di Chiara De Luca

Edizioni Kolibris, 1 ottobre 2023

Prefazione di Stefano Serri

Appunti di lettura

Capisco che è tempo di rincasare
con una moneta di luce nel cuore
negli occhi il bianco di quel tesoro
di scorta per il buio che viene.

La «moneta di luce nel cuore» che Chiara De Luca ci mette tra le mani è miracolo della poesia, «alfabeto dell’invisibile1, chiave di svelate intimità, di ascolto profondo dei messaggi sussurrati o criptati dalla vita.

Il mondo poetico di Chiara De Luca è un canto accorato, una sorta di comunione con le creature amiche o sofferenti: è solitudine che inanella i giorni in una collana di fortezza.
Perché la solitudine, quando è compartecipazione dell’universo, forgia un nido di roccia.
Ma prima ancora la sua scrittura è verità, coraggio di guardare l’abiezione umana nei fatti della cronaca; così i poeti riescono a parlarsi nonostante le distanze del mondo; la giustizia e il senso che non trovano nell’esistenza si avvera nella parola: «Gli alberi stanno pregando in silenzio».

In cinque sezioni l’io lirico perlustra strade del mondo e stanze dell’infanzia, scorci di Ferrara che si destano come dotati di un’anima e di una voce: è un sentiero che porta a Casa, titolo dell’ultima parte della silloge.
Un imbuto che convoglia il sentire Corale dell’umanità in un Percorso in versi, in un unico fiume di Incontri:

Siamo l’uno la casa dell’altro
e insieme la nostra: l’abbraccio
attorno a un mondo che colma
di sangue il verde dei nostri confini.

A partire dalla terza sezione, una sorta di vita privata e parallela si apre, come un giardino d’incanto. Una vita bambina, che riesce a osservare per ore «la televisione/ del focolare», uno sguardo vergine pronto a soccorrere e raccogliere i battiti della natura. In simbiosi con la nebbia, con Eva che «scaninzola», con le corse scalmanate, inzuppate di pioggia e di euforia.

Con te accanto nella pioggia battente
anche inzupparsi è divertente: in salto
demente nelle pozzanghere, mi lavo via

tutte le maschere.

«Impara dai cani la memoria del presente/il fuoco che eterna nel vento ogni istante
(…) l’uomo non sa lo spartito dello sguardo/ né la polifonia eloquente del silenzio».
Le cucciole Eva e Titti sono compagne di viaggio e – insieme ai passeri, a una creatura piumata in croce, a un ragno bianco, a un airone – sono custodi della saggezza dei sensi. Del corpo, della pelle, del fiuto, del respiro.

Sapienza che si traduce in parola poetica: ricerca di assonanze, metafore luce, musica di suoni che si rincorrono; versi rigorosi, allineati come soldati neri sul bianco della pagina, in scrupolosa disciplina. E in quella perfetta regolarità si annida qualcosa di incontenibile, che potremo chiamare comprensione, legame, appartenenza. Amore.

        Così Chiara De Luca sa trasportarci laddove non eravamo mai stati, una landa dove «il cuore si scorteccia nella quiete di vento».
Per poi riconoscere in ogni anfratto qualcosa che ci somiglia, che fa parte anche di ognuna di noi.
Potente è la voce di questa poetessa, donna-bambina-oracolo che ha compreso che «avere cura è guarire».
Che sa trovare il pertugio per uscire dalla stanza dell’abbandono, dal dolore muto, che sa sempre rinascere.
Che corre. (E io mi sono ritrovata a correre a fianco a lei).
Correre è come meditare: conquistare la consapevolezza passo dopo passo, ascoltare il proprio respiro, procedere con gli occhi e con il corpo, mentre, insieme al sudore, si lasciano andare i pensieri. Il segreto del mondo intorno allora si dischiude: i chilometri di terra battuta si vestono di alba.
In Versi animali vi è una vera e propria celebrazione della corsa: solo chi corre può comprendere il rito che si ripete, la preghiera, il rosario di passi che innesca l’ingranaggio di ogni singolo giorno.
E Chiara De Luca sa dirlo con parole per me assolute.

Correre

I

Sotto il sole o al gelo d’inverno,
in salita, per campi, sull’asfalto,
in acqua, nella nebbia, nel fango
in discesa, sulla neve, nel caldo,
sotto rovesci di pioggia battente,
o aghi di pioggerella invadente,

in senso inverso al vento contro
le onde quando del mare deserto
la voce nel mio passo è in canto

correre è la sbronza di vita,
banchetto di libertà assoluta
festa al buio che ti scaraventa
fuori del corpo la segreta potenza.

È danza sfrenata con l’esistenza
anche quando mi sento persa,
è forza d’amore che nell’assolo
del vento fa ascolto d’elezione,
dell’abbandono riconciliazione.

È fucina di versi da prendere al volo
nel boccone che mastico e frantumo,
visione che per ore rigiro in un bolo
in gola perché non si perda nel nero,
finché al largo del cielo di nuovo non sono
sola a tradurre il passo in corsa del respiro.

È oro nella miseria, sull’abisso pedana di volo,
trampolino di lancio di ogni mia resurrezione.

Eleonora Rossi

 

 

 

1Per dirlo con il titolo di un’altra silloge dell’autrice: C. De Luca, Alfabeto dell’invisibile, Samuele Editore, 2015