Premio Estense: l’Aquila d’oro a Francesca Nava

Tania Droghetti

Si commuove Francesca Nava mentre riceve l’Aquila d’oro per aver vinto sabato 25 settembre la 57esima edizione del Premio Estense, organizzato da più di mezzo secolo dagli industriali di Ferrara, ora confluiti in Confindustria Emilia Area Centro.

Il suo libro Il focolaio. Da Bergamo al contagio nazionale (ed. Laterza) ha convinto sia la giuria tecnica sia quella popolare e ha avuto la meglio sugli altri finalisti: Giancarlo e Alberto Mazzuca con Gianni Agnelli in bianco e nero (ed. Baldini+Castoldi), Walter Veltroni con Labirinto Italiano. Viaggio nella memoria di un Paese (ed. Solferino) e Alessandro Sallusti con Il Sistema. Potere, politica, affari: storia segreta della magistratura italiana (ed. Rizzoli).

La voce rotta di Francesca è dovuta a tanti fattori, che lei stessa prova a spiegare: <Questo è il mio primo libro e devo dire la verità io non lo volevo nemmeno scrivere, pensavo di non riuscirci, è stato faticoso, mi hanno dovuta convincere ma oggi sono molto contenta e dedico questo premio a tutti quelli che mi hanno consegnato le loro storie, ai sopravvissuti e ai lavoratori della Val Seriana che hanno pagato un prezzo altissimo al Covid>.

Il focolaio è un’inchiesta giornalistica che ricostruisce, grazie a documenti inediti, interviste a medici, virologi, epidemiologi, amministratori locali, politici, docenti universitari, ricercatori e racconti di testimoni e di parenti di vittime quello che è successo in Val Seriana, in provincia di Bergamo, nei primi mesi della pandemia da Covid-19. In particolare la domanda che accompagna tutto il libro e a cui la Nava prova a dare una risposta riguarda la mancata istituzione a fine febbraio del 2020 di una zona rossa nei comuni di Alzano Lombardo e di Nembro. Se si fosse creata questa zona (come è stato fatto nel Lodigiano o nel Veneto) si sarebbero potuti evitare o per lo meno contenere gli oltre seimila morti della Bergamasca? Si sarebbe potuto evitare lo scoppio di una vera e proprio bomba epidemiologica in una delle zone più industrializzate d’Italia, la più industrializzata della Lombardia, con una fabbrica ogni nove abitanti? Chi doveva decidere per questa chiusura totale, amministratori locali ma anche nazionali, aveva in mano dati sufficienti? Secondo la ricostruzione della Nava, che quei dati li riporta nel libro, la risposta è sì. E su questa mancata decisione è in corso un’inchiesta della Procura di Bergamo per epidemia colposa.

Il libro parte da un dato di fatto: il pronto soccorso dell’ospedale di Alzano Lombardo, a pochi chilometri da Bergamo, il 23 febbraio 2020 viene chiuso, due pazienti sono risultati positivi al tampone. Ma è una chiusura di poche ore perché entro sera viene riaperto senza essere stato sanificato a dovere e senza lanciare nessun allarme alla popolazione: pazienti, parenti, operatori sanitari possono liberamente rientrare a casa, dopo aver passato ore in un luogo dove il virus circola già da giorni. È l’inizio di un racconto che attraversa i mesi della prima ondata in una delle zone più colpite dal Covid e che dà voce alle storie di chi ha perso padri, madri, fratelli, senza poterli salutare, è il racconto dei camion dell’esercito che lasciano Bergamo con a bordo centinaia di bare destinate a cimiteri lontani, tra cui quello di Ferrara, dove verrà cremato il padre di Cristina, una delle protagoniste delle storie del libro.

Si capisce perché Francesca Nava per scrivere Il focolaio si è dovuta fermare, ha dovuto prendersi una pausa da tutto il resto per poter fare “una radiografia” alla sua terra, lei che a Bergamo ci è nata e cresciuta e che tra le storie che racconta ha scelto di inserire anche quella della sua famiglia: <Volevo e voglio riuscire a capire cosa è successo e perché. Senza verità non c’è futuro, non si può ripartire e ricostruire se non si mettono in fila gli errori commessi, se non ci si rimette in discussione>.

Gli errori, secondo quanto ricostruito dalla Nava, in Lombardia partono in realtà da lontano, da ben prima del febbraio 2020: nessun investimento negli ultimi anni sui piani pandemici, lo smantellamento della medicina del territorio, il preferire la fase di cura alla fase di prevenzione e poi dal 23 febbraio 2020: il non aver isolato il focolaio di Alzano con l’istituzione di una zona rossa, il mancato tracciamento e nessun allarme lanciato alla popolazione.

Il dubbio che tutto questo sia successo perché la salute non è stata messa al primo posto, e che nel delicato equilibrio tra economia e politica abbia prevalso la prima è un dubbio che pesa come un macigno su questa inchiesta, alcuni dei paragrafi del libro parlano chiaro: Bergamo non si ferma, Il lavoro uccide, quando invece fermarsi forse avrebbe potuto salvare delle vite. <Sto continuando a lavorare su questa storia proprio per arrivare a individuare le responsabilità, la verità dei fatti – ci tiene a sottolineare Francesca Nava durante la premiazione – portare avanti un’inchiesta giornalistica è faticoso, serve tempo per raccontare la complessità, è come una fiume carsico che scava lentamente ma se anche solo una persona si interrogherà su quello che è successo io avrò fatto bene il mio lavoro>. Per adesso l’appuntamento è a fine ottobre quando uscirà una puntata di Presa Diretta su Rai3 con quello che è successo in quest’ultimo anno.

Oltre all’Aquila d’oro del Premio Estense è stata anche consegnata, ad Andrea Purgatori, la Colubrina del 37° Riconoscimento Gianni Granzotto. Uno stile nell’informazione.

Nella foto di Tania Droghetti: da sinistra Guido Gentili, presidente della giuria tecnica, Francesca Nava, Valter Caiumi, presidente di Confindustria Emilia Area Centro, Gian Luigi Zaina, presidente della Fondazione Premio Estense e Cesara Buonamici che ha presentato la cerimonia